19 dicembre 2025

Cervello senza sonno

Non è solo un piacere: il sonno è una condizione vitale. Senza riposo, la mente perde lucidità, l'attenzione cala, i riflessi rallentano. I sintomi della privazione di sonno si manifestano molto rapidamente, ma i meccanismi che li determinano restano per lo più sconosciuti. 

Un nuovo studio del Mit di Boston, pubblicato su Nature Neuroscience, tuttavia, potrebbe aiutare a comprendere cosa accade nel cervello quando si resta svegli troppo a lungo. E, sotto la lente del microscopio, è finito il sistema di "pulizia" che normalmente agisce durante il sonno, quando il liquido cerebrospinale scorre nel cervello per rimuovere le scorie accumulate durante la veglia.
Durante il sonno, il cervello non si limita a riposare ma avvia anche un sofisticato meccanismo di pulizia. Il liquido cerebrospinale, che circola intorno al sistema nervoso centrale, smaltisce i metaboliti di scarto accumulati nel corso della giornata. Secondo ricerche precedenti, tra cui uno studio del 2019 condotto dallo stesso gruppo del Mit guidato da Laura Lewis, questo flusso segue un ritmo preciso che alterna ingressi e uscite dal cervello in sincronia con le onde cerebrali. Si tratta di un'attività probabilmente utile per mantenere la mente vigile e le funzioni cognitive integre.

Per verificare cosa accade a un cervello privato del sonno, i ricercatori hanno sottoposto 26 volontari a due sessioni sperimentali: una dopo una notte insonne e una dopo un normale riposo. Durante i test, i partecipanti indossavano un casco per elettroencefalogramma combinato con risonanza magnetica funzionale, che ha consentito di misurare l'attività cerebrale e il movimento del liquido cerebrospinale. Sono stati inoltre registrati battito cardiaco, respirazione e diametro delle pupille. I soggetti hanno poi dovuto eseguire due prove di attenzione, una visiva e una uditiva, concepite per rilevare anche minimi cali di concentrazione.
I volontari privati del sonno hanno mostrato tempi di reazione più lenti e difficoltà a individuare i cambiamenti negli stimoli. E ogni volta che si verificava una perdita di attenzione, i ricercatori hanno osservato un'ondata di liquido cerebrospinale che fuoriusciva dal cervello e successivamente rientrava. 

"I risultati suggeriscono dunque che nel momento in cui l'attenzione viene meno, questo fluido viene in realtà espulso verso l'esterno, lontano dal cervello. E quando l'attenzione riprende, viene riassorbito", spiega Lewis.Gli studiosi ipotizzano che, in condizioni di veglia prolungata, il cervello tenti di compensare la privazione di sonno riattivando parzialmente il meccanismo di pulizia. "Un modo per pensare a questi eventi è che, poiché il cervello ha così tanto bisogno di dormire, fa del suo meglio per entrare in uno stato simile al sonno per ripristinare alcune funzioni cognitive", afferma l'autore principale Zinong Yang. Questi episodi sono però accompagnati da cambiamenti fisiologici che impattano sulla frequenza cardiaca e respiratoria e sulla costrizione pupillare, che precede di circa dodici secondi l'espulsione del fluido. "La cosa interessante è che sembra che questo non sia solo un fenomeno cerebrale, ma un evento che coinvolge l'intero organismo", osserva Lewis.


(G. Martiradonna, Gazzetta.it)

14 luglio 2024

Ruminazione psicologica, i continui pensieri negativi vengono innescati da situazioni precise

 Lo studio

Una ricerca pubblicata sul Journal of Developmental Cognitive Neuroscience dimostra ora che la tendenza alla ruminazione è sostenuta da un particolare schema di attivazione di alcune aree cerebrali. La ricerca è stata realizzata su un gruppo di ragazze adolescenti che sono state esposte a un’esperienza virtuale di respingimento sociale mentre erano studiate attraverso la Risonanza Magnetica funzionale del cervello. Una tecnica che consente di «vedere in diretta» l’attivazione delle singole aree cerebrali. 

«Alti livelli di ruminazione psicologica sono risultati associati a un maggior livello di attività in aree come il precuneo, un centro di smistamento cerebrale implicato nel processamento di informazioni rilevanti l’identità personale», dicono gli autori dello studio. Il precuneo, assieme ad altre aree come la corteccia prefrontale mediale e la corteccia cingolata posteriore, sono regioni che si attivano quando si pensa a se stessi, alle proprie esperienze e alla rielaborazione dei ricordi. «Tutti facciamo esperienza di respingimenti da parte degli altri, ma l’esperienza non è uguale per ognuno di noi», dice Amanda Guyer del Center for Mind and Brain dell’University of California di Davis, che ha coordinato la ricerca. [CorSera]

18 novembre 2021

Winter Blues

L’inverno porta con sé giornate sempre più corte e temperature rigide. I colori grigi, i caloriferi roventi e la pioggia battente rendono novembre il mese più faticoso dell’anno. La sensazione di malessere caratterizzata da umore cupo e pensieri negativi che caratterizzano questo periodo ha un nome, si chiama Winter Blues.

Novembre è un mese faticoso
A novembre le attività lavorative e scolastiche sono ormai entrate nel vivo e con l’estate che sembra più lontana che mai, siamo sempre più immersi nell’atmosfera invernale. A cavallo tra ottobre e novembre poi torna l’ora solare, ovvero si vive un’ora di luce in meno. Questo influisce sull’umore poiché il corpo assorbe una quantità inferiore di serotonina e vitamina D, di conseguenza si altera la produzione di melatonina e i ritmi circadiani sonno-veglia vengono intaccati.
Gli effetti collaterali più comuni si riscontrano quotidianamente con una sensazione di sonnolenza e spossatezza, calo dei livelli di energia correlata ad affaticamento. Non mancano poi sbalzi d’umore senza motivo, poca motivazione, apatia e difficoltà nelle interazioni sociali. Si può inoltre percepire difficoltà di concentrazione, che a sua volta può portare a una diminuzione delle prestazioni intellettive. Questi sintomi hanno un nome e una diagnosi ben precisa: disturbo affettivo stagionale, detto anche winter blues.
Per ovviare il malumore stagionale, l’attesa del Natale può allietare le difficoltà facendoci tirare un sospiro di sollievo. Novembre infatti è anche il mese in cui si iniziano a vedere le prime luci e decorazioni natalizie.
Il passaggio dall’ora legale all’ora solare e l’inizio delle giornate più buie e fredde può portare con sé conseguenze da non sottovalutare, sia per quanto riguarda l’umore che la voglia di fare. Questi effetti sono stati classificati come diagnosi vera e propria agli inizi degli anni ’90 con il nome di disturbo affettivo stagionale (o winter blues). Si chiarì come l’esposizione alla luce solare potesse influenzare il sistema circadiano umano, influendo sulla produzione di ormoni essenziali come la melatonina e la serotonina. Questo comporta quindi una serie di effetti che, per tale motivo, si verificano solamente nei mesi invernali. I rimedi per affrontare al meglio questo periodo alleviando le conseguenze che provoca la minore esposizione alla luce solare sono diversi: una dieta corretta e sostanziosa, attività fisica e la possibilità di sottoporsi alla “light therapy“.
Disturbo affettivo stagionale o Winter Blues,
FONTE: Style24.it