27 marzo 2008

Il cervello politico
Mente&Cervello, aprile 2008, n. 40

Sondaggi e focus group potrebbero andare in pensione. La novità dell'attuale corsa alla Casa Bianca è il massiccio ricorso alle neuroscienze per capire e conquistare le simpatie degli elettori. E anche se le previsioni ottenute con sofisticate tecniche di brain imaging non sembrano così attendibili, sarebbe un errore sottovalutare l'impatto della nuova neuropolitica.

Quando un aspirante candidato alla presidenza degli Stati Uniti conclude il proprio comizio con una roboante promessa o un duro attacco ai propri avversari, in qualche laboratorio a centinaia o migliaia di chilometri di distanza alcuni elettori osservano l'evento alla tv, indossando cuffie ed elettrodi, oppure chiusi in una macchina per la risonanza magnetica funzionale. Gli scienziati misurano la reazione del loro cervello. Per esempio un netto spostamento dell'attività neuronale nei lobi prefrontali. «Bene, lo slogan piace», esultano i consulenti ingaggiati dal politico sotto esame.
La novità di questo lungo anno elettorale, che porterà in novembre alla scelta del nuovo inquilino della Casa Bianca, sono le neuroscienze applicate alla politica. Non bastano più i tradizionali metodi psicologici di valutazione e di persuasione, adesso si cerca di scendere nelle profondità del sistema nervoso per cogliere i meccanismi inconsci che portano a optare tra democratici e repubblicani e, all'interno degli schieramenti, tra i vari pretendenti alla nomination. Se si riesce a cogliere che cosa influenza gli elettori, si potranno calibrare le campagne sui contenuti e i toni più adatti. Pare che pochi dei principali contendenti abbiano rinunciato a sfruttare, almeno a livello dimostrativo (offerto dalle aziende), questi costosi strumenti. E non è escluso che ciò ne annulli il vantaggio relativo, lasciando il risultato a quegli elementi imponderabili che sembrano spesso guidare le vicende umane, come dicono i critici della cosiddetta neuropolitica, che sottolineano anche i gravi rischi di manipolazione e di disinformazione travestita da obiettività scientifica.

Andrea Lavazza

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