Dalla cucina, alla
psicologia, passando per l'arte. E' la storia di Adel Moumin, 33enne di
Casablanca, trapiantato in Trentino dove - dice - ha conosciuto "il
fascino delle montagne". Adel ha da poco allestito una mostra
nell'atrio della facoltà di scienze cognitive a Rovereto, in Corso
Bettini 84, proprio di fronte al Mart. Un'esposizione speciale non solo
per la storia dell'autore, fatta di immigrazione, lavoro, fatica e soldi
guadagnati per pagarsi gli studi e un tetto sulla testa. Ma,
soprattutto, per il suo significato. C'è infatti un bel pezzo di Marocco
nei quadri di Adel, come in quelli del padre, Abderahman, afasico ma
capace di trovare un modo efficace di comunicare attraverso la pittura.
"Con il pennello in mano non chiamo più la palma calma", scherza il papà
di Adel. Che non si definisce un artista: "Ovvio - dice Adel - ogni
scarrafone è bello a mamma sua, quindi mi trovo in difficoltà a
commentare i miei quadri. La mostra mia mostra un che di innovativo ce
l'ha, cerca di mischiare scienza e arte: l'obiettivo è di presentare in
modo immediatamente intuitivo una patologia o un deficit cognitivo, cioè
l'afasia". Adel Moumin è arrivato a 17 anni da Casablanca, Marocco,
nell'ottobre del 1996. In Italia ha frequentato prima la scuola
alberghiera, che poi gli ha permesso di lavorare in diversi locali come
cuoco. Quindi si è iscritto all'istituo commerciale, si è guadagnato il
diploma e poi ha scelto l'università. Ora frequenta il terzo anno della
facoltà di psicologia e scienza cognitiva a Rovereto: studi che lo hanno
aiutato a comprendere ancora più a fondo il deficit comunicativo del
padre.
J.Valenti,
TrentoToday, 30 maggio 2013
TrentoToday, 30 maggio 2013
"Un ictus cerebrale gli ha compromesso
l'area di Brodmann 44 e 45, detta anche area di Broca, e una parte del
territorio dell'arteria silviana - racconta Adel - Queste aree
sono situate nella regione del lobo frontale sinistro, che Broca ritenne
fondamentale per l’articolazione del linguaggio. Quando si manifesta
una tale lesione la comunicazione ne risulta danneggiata, un problema
che si chiama afasia. L'afasico, infatti, ha difficoltà a capire e farsi
capire, a leggere, a scrivere, a conversare, a fare i conti, ad usare
il telefono, a seguire un programma in tv, a chiamare per nome i propri
familiari, eccetera. Spesso mi chiama con il nome di mio fratello e
quando vuole sapere di mia sorella mi chiede se ho visto mia zia. Chi
non conosce queste persone pensa che siano (come si dice nel linguaggio
comune) fuori di testa, invece è più come se avessero perso un arto. Mio
padre può fare tutto quello che fanno le persone normali a parte
parlare normalmente. Dopo aver avuto questo mio padre ha dovuto
abbandonare la sua oreficeria, perché un commerciante deve riuscire a
comunicare bene con i suoi clienti, e si è trasferito in campagna".
Ed
qui che arriva il momento di svolta: "Con l'aiuto di altre persone
costruì una casetta, piantò quasi 300 alberi, per la maggior parte
ulivi, mandorli e cotogni. Costruì anche qualche arnia per le
api, in modo da poter condurre una vita più rilassata e che fosse adatta
al suo nuovo modo di essere. E' un uomo molto rispettato dal vicinato e
dai suoi conoscenti per il suo modo corretto, anche se a volte rigido
poiché non cambia il suo punto di vista. Oltre a questa sua attività
ogni tanto dipinge, ed è per via di questo modo alternativo di
comunicazione che ho voluto illustrare questo suo mondo strano
riguardante l'afasia di Broca".
I quadri del padre di Adel
esposti in Corso Bettini sono sette, tutti realizzati in Marocco e poi
spediti via nave in Italia. Si tratta di dipinti che ritraggono scenari
marocchini: "Sono semplici - commenta Adel - però la cosa
particolare e che con la pittura è riuscito a superare il suo problemi".
Una passione, quella della pittura, che si è tramandata di generazione
in generazione: "L'attrazione per l'arte l'ho avuta da quando sono nato,
qualche 'graffio' l'ho sempre fatto tra i banchi di scuola quando mi
annoiavo- ricorda Adel - Ho iniziato a dipingere nel 2003 e l'ho fatto
fino al 2008. Ho ripreso solo tre mesi fa, ma l'interesse per l'arte in
tutte le sue forme non mi ha mai abbandonato per cui tutte le volte che
c'era una mostra la visitavo. Mi affascina molto anche l'arte di strada,
come i graffiti. Oppure, spesso, m'incanto d'avanti alle belle
strutture architettoniche antiche o moderne in cui mi capita di
imbattermi. Leggo i libri di storia dell'arte e quando ho l'occasione o
incontro un artista lo tartasso di domande".
L'esposizione
raccoglie quindi quadri di Adel e di suo padre e due installazioni che
vogliono illustrare alcune differenze tra il cognitivismo e la
psicologia classica. La passione per le montagne di Adel
traspare invece dai ritratti di vette marocchine (Tobkal) e trentine del
Primiero (Totoga). Adel ha ricevuto molto complimenti per le sue opere,
ma resta con i piedi piantati per terra: "Il mio livello è puramente
amatoriale e senza nessuna pretesa. Questo non vuol dire che non ce la
faccio a farlo o non riesco a fare delle cose attraenti. Anche se il
bello sta nelle cose semplici. Vorrei comunque ringraziare tutti gli
amici che mi hanno sostenuto e anche la presidenza della facoltà, che ha
voluto promuovere la mia mostra".
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