10 gennaio 2015

Sorridere per ricordare un sorriso

Quando rievochiamo un’emozione, ci aiutiamo con l’espressione. I sorrisi sono contagiosi, anche quando si tratta di ricordarli. Uno studio condotto da un team della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste dimostra che per ricordare un’emozione (positiva o negativa) “ripercorriamo” la sequenza motoria dell’espressione facciale corrispondente a quell’emozione. In poche parole: per ricordare un sorriso sorridiamo.

Facciamo un sorriso per ricordare la felicità, una smorfia per ricordare il dolore, aggrottiamo le sopracciglia per ricordare la rabbia: “le teorie dell’emozione incorporata,embodied in inglese, sostengono che per capire un’emozione riproduciamo prima i movimenti del viso dell’espressione provocata da quell’emozione,” spiega Jenny Baumeister, ricercatrice della SISSA. “In pratica se osserviamo qualcuno che sorride, per comprendere ciò che prova sorridiamo a nostra volta. Abbiamo applicato questa osservazione nel campo della memoria e abbiamo testato se lo stesso può essere vero anche quando si cerca di ricordare un'emozione”. Baumeister è infatti prima autrice di uno studio  appena pubblicato su Acta Psychologica, che ha verificato se la riproduzione dell’espressione emotiva, sorridere o aggrottare la fronte per esempio, aumenta la capacità di ricordare l’emozione corrispondente.

Negli esperimenti i soggetti rispondevano a un test di memoria per le emozioni. Per controllare le espressioni del viso i ricercatori hanno usato un espediente: nel momento in cui i soggetti dovevano ricordare potevano avere la faccia completamente libera, oppure ‘bloccata’ con una maschera di argilla “molto simile a quelle maschere che si usano normalmente in cosmetica. L’argilla una volta spalmata sulla faccia si indurisce e ostacola le espressioni” spiega Francesco Foroni, neuroscienziato della SISSA anche lui fra gli autori dell’articolo.

I risultati sono chiari: la prestazione nei test mnemonici nelle condizioni con la faccia bloccata è significativamente peggiore che con il viso ‘pulito’. “I dati confermano l’ipotesi che ‘ripetere’ il pattern motorio associato all’emozione agevola il ricordo. Questo ci fa pensare che anche in fase di immagazzinamento dei ricordi l’informazione motoria viene codificata in memoria e riutilizzata nel recupero”, spiega Raffaella Rumiati, professoressa della SISSA che ha coordinato questo studio.

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