Una donna sta guardando attentamente il suo viso allo specchio. Segue
la linea delle rughe d’espressione sulla fronte, sempre aggrottata, poi
scende ad osservare la piega della bocca, stretta e incurvata in basso
verso gli angoli. La labbra tremano impercettibilmente. E gli occhi?
Cosa vede negli occhi? Lo sguardo è fisso, quasi spaventato, con una
tendenza all’evitamento, ad allontanarsi dall’immagine che le rimanda il
volto e a concentrarsi su particolari insignificanti, come un
brufoletto sul naso o la scoperta di un capello bianco sulla tempia. La
donna sta leggendo amarezza e ansia sul suo
viso, forse ancora di più: uno stato ansioso permanente. In ogni caso,
quello è il volto di una persona sofferente.
Il riconoscimento delle proprie emozioni mediante la lettura del
viso è una pratica che alcuni fanno abitualmente e quasi
automaticamente, come se stessero osservando se stessi dall’esterno -
tale capacità facilita la riflessione sui propri stati mentali e, in
senso più ampio, sul proprio modo di funzionare -; allo stesso modo
leggono le emozioni sul volto di coloro che incontrano e frequentano.
È stato ipotizzato che alla base di tale competenza ci sia il sistema
dei neuroni specchio e il meccanismo definito da Vittorio Gallese
«simulazione incarnata»: quando osserviamo in un altro individuo
un’azione o un’espressione emotiva, si attivano in noi i circuiti
motori, viscero-motori ed affettivi che sono coinvolti quando noi stessi
sperimentiamo quell’azione o espressione emotiva. D’altro canto,
diversi studi di neuroimaging dimostrano come durante l’osservazione del
proprio volto si ottenga la massima attivazione del sistema dei neuroni
specchio, poiché si viene a determinare una totale corrispondenza tra
il volto dell’osservatore e dell’osservato.
Su tali presupposti neurofisiologici si fonda una innovativa
metodica psicoterapeutica, la Self Mirroring Therapy (SMT), che tende a
promuovere la consapevolezza delle emozioni e dei pensieri del paziente
soprattutto nei casi in cui tale capacità sia scarsa o deficitaria e
rappresenti un ostacolo al trattamento. La difficoltà a riconoscere le
proprie emozioni e i deficit nelle abilità metacognitive sono
caratteristiche presenti trasversalmente in soggetti affetti da svariate
patologie, dai disturbi alimentari a quelli di personalità, ai disturbi
d’ansia, ecc.
La SMT, avvalendosi di una procedura di videoregistrazione del
paziente in alcuni momenti della terapia (mediante strumenti tecnologici
quali webcam, computer, cellulare,…) e successiva visione del video,
permette al paziente di orientare verso se stesso quei meccanismi di
risonanza empatica, mediati dal sistema dei neuroni specchio, che
vengono utilizzati per comprendere in modo automatico e intuitivo gli
stati emotivi degli altri.
La SMT può venire integrata all’interno di modelli di psicoterapia
già esistenti e convalidati, ad esempio, nel protocollo CBT
(psicoterapia cognitiva comportamentale) qualora i pazienti fatichino ad
instaurare un rapporto di fiducia con il terapeuta e sia compromesso il
rispecchiamento delle emozioni del paziente da parte del terapeuta
(un’interessante applicazione è descritta nell’articolo L’integrazione
della Self Mirroring Therapy nel protocollo CBT per il trattamento del
disturbo ossessivo compulsivo: un caso clinico, a cura di
Piergiuseppe Vinai, Maurizio Speciale, Michela Alibrandi, pubblicato su
Quaderni di Psicoterapia Cognitiva, FrancoAngeli, fascicolo 38, 2016).
Osservando le proprie espressioni emotive, il paziente può entrare
più facilmente in contatto con la propria condizione di disagio e
sofferenza, diventare consapevole delle proprie emozioni, dei propri
pensieri, convinzioni e aspettative: condizione indispensabile per
attivare percorsi di accettazione, autocompassione (sentimento ben
diverso dall’autocommiserazione) e perdono verso se stesso, contribuendo
alla creazione di un’idea di sé più positiva e funzionale. Talora è
proprio la mancata accettazione di sé che sostiene una patologia o un
disturbo ( ad esempio, il disturbo ossessivo) ostacolando i processi di
resilienza. In ultima analisi, il paziente è stimolato a prendersi cura
di se stesso ed a lavorare sul proprio cambiamento. In fondo, questo è
il core di ogni psicoterapia.
Rosalba Miceli, LaStampa.it
Pubblicato il 24/06/2017
Pubblicato il 24/06/2017
Nessun commento:
Posta un commento