13 aprile 2002

EMDR
L’articolo di J. Wolpe e J. Abrams (1991), tratto dal Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry (Vol. 22, n° 1, pp. 39-43) ed intitolato "Post-traumatic stress disorder overcome by eye-movement desensitization: a case report", presenta un caso trattato nel 1991 con Eye Movement Desensitization (EMD), erano le prime applicazioni cliniche dopo la scoperta di F. Shapiro nel 1989 dell’azione dei movimenti oculari sullo stress traumatico e sulle situazioni ansiogene. Negli anni successivi l’EMD è diventato EMDR, infatti, la desensibilizzazione è il primo effetto che avviene durante una seduta dove viene applicata la stimolazione bilaterale, ma successivamente l’osservazione massiccia ed approfondita degli effetti clinici di questo metodo terapeutico ha rivelato che il processo che avviene è molto più complesso. È stato notato che simultaneamente alla desensibilizzazione avviene una ristrutturazione cognitiva e che entrambe sono il risultato dell’elaborazione dell’informazione legata ai ricordi traumatici. Nel lavoro realizzato con la paziente Shirley, Wolpe descrive tutta la storia di terapie a cui era stata sottoposta fino a quel momento che però non erano riuscite ad affrontare e risolvere l’esperienza traumatica della violenza sessuale. L’EMDR è stato efficace perché ha lavorato sul piano neurofisiologico, dove l’informazione è immagazzinata in modo disfunzionale ed è accessibile soltanto a questo livello, infatti, le terapie prettamente verbali non sempre riescono ad accedere e ad agire su questo piano e di conseguenza non riescono a modificare gli aspetti clinici legati alle esperienze di stress traumatico. Il programma terapeutico di Wolpe per l’introduzione dell’EMDR si è focalizzato inizialmente sull’esperienza traumatica della violenza (2 sedute) e dopo aver elaborato l’esperienza in sé sono stati individuati altri bisogni terapeutici legati all’ansia sociale e agli spunti agorafobici. Le 5 sedute successive sono state utilizzate per la desensibilizzazione di una serie di situazioni a cui era stato attribuito dalla paziente un valore della scala SUD. Si è iniziato dalla situazione più ansiogena (85) nella scala SUD e anziché utilizzare il rilassamento proprio della desensibilizzazione sistematica, sono stati realizzati movimenti oculari. La paziente riportava una riduzione dell’ansia dopo ogni set di stimolazione bilaterale e l’immagine della situazione temuta tendeva a sparire e in alcune situazioni addirittura diventava positiva. La ristrutturazione cognitiva è avvenuta nella paziente in modo spontaneo man mano che la terapia procedeva, fino a riportare che poteva camminare per strada sentendosi una cittadina normale, avendo un progetto per il futuro, inoltre aveva smesso quasi completamente di bere e si sentiva che un peso si era sollevato dalle sue spalle. Riportava di essere più rilassata sul lavoro, si godeva le passeggiate solitarie sulla spiaggia, aveva cominciato a curare il suo aspetto fisico e aveva iniziato ad avere interesse per gli uomini e ad avvicinarsi a qualcuno, ha riportato che non temeva più di essere violentata e non aveva più i pensieri suicidi e gli autori hanno ritenuto la terapia conclusa. I risultati si sono mantenuti ai vari follow up realizzati nel tempo. Quindi possiamo vedere i risultati della terapia con EMDR a livello cognitivo, nelle attribuzioni che fa del mondo e di se stessa, differenziando i pericoli veri da quelli meramente ansiogeni, soggettivo per quello che la paziente riporta emotivamente e a livello comportamentale, dove ha messo in atto dei nuovi comportamenti adattivi in modo spontaneo. Nella parte conclusiva gli autori menzionano una serie di 100 casi che sarebbero stati pubblicati nel Journal of Behaviour Therapy and Experimental Psychiatry e si augurano che altre pubblicazioni potessero rispondere al bisogno di delucidare i meccanismi che permettono questi cambiamenti dopo una seduta di EMDR. Come si evince dagli articoli che vengono pubblicati in questo numero la ricerca, il lavoro empirico e le osservazioni cliniche hanno dato un grande contributo in questo senso negli ultimi anni. Sull’EMDR sono stati pubblicati più di 150 articoli che ne dimostrano la efficacia. Tra le riviste scientifiche più accreditate dove sono pubblicati dei lavori di ricerca sull’EMDR troviamo: Journal of Consulting and Clinical Psychology, British Journal of Clinical Psychology, Journal of Anxiety Disorders, Journal of Behaviour and experimental psychiatry, Behavioural and Cognitive psychotherapy, Behaviour Therapy, Journal of traumatic stress, The Clinical Psychologist, Journal of Psychotherapy integration, Harvard Mental Health letter, Journal of Clinical psychology, Psychotherapy, British Journal of Psychiatry, International Journal of Psychiatry. Inoltre, sono stati pubblicati libri e manuali per terapeuti tradotti in varie lingue (in Italia dall’Astrolabio e dalla Mc Graw Hill Italia). Inoltre, recentemente, l’International Society for Traumatic Stress Studies (ISTSS) ha stabilito e comunicato che l’EMDR è uno dei metodi terapeutici più rapidi ed efficaci per superare e risolvere il disturbo post-traumatico da stress.
[Isabel Fernandez]

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