26 agosto 2002

La scuola di Palo Alto
I cinque assiomi della comunicazione.

I 5 assiomi formulati dalla Scuola di Palo Alto sono:
1) non si può non comunicare;
2) ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione ed il secondo classifica il primo ed è dunque metacomunicazione;
3) il flusso comunicativo viene interpretato secondo una punteggiatura degli eventi;
4) esistono linguaggi numerici ed analogici (es. parole e simboli);
5) la comunicazione può svilupparsi secondo modelli di tipo simmetrico o complementare.
Il primo assioma ci ricorda come, in qualsiasi contesto, sia assolutamente impossibile sottrarsi al flusso comunicativo e dunque come, anche senza volerlo, si sia indotti, sempre e comunque, a esprimere qualcosa su di noi, sulla situazione che stiamo vivendo o sulla comunicazione nella quale siamo immersi. Insomma poiché ogni comportamento è, più o meno esplicitamente, più o meno cripticamente, comunicazione e noi non possiamo “non comportarci”, siamo inevitabilmente “condannati” a comunicare.
Il secondo sottolinea che, oltre agli aspetti di contenuto, tendiamo a comunicare qualcosa su come noi percepiamo l’altro, su come noi ci rapportiamo a lui e su come lo consideriamo. In genere le relazioni disturbate fanno prevalere gli aspetti relazionali, sovente di natura svalutativa e aggressiva, su quelli di contenuto. In esse, infatti, si esprime un qualche contenuto come pretesto per ribadire come noi percepiamo e giudichiamo l’interlocutore.
Il terzo punto fu magistralmente espresso sul piano letterario nel “Così è se vi pare” di Pirandello. In pratica, quando noi descriviamo o raccontiamo una sequenza comunicativa, tendiamo a farlo seguendo una logica di causalità lineare che favorisce una presa di posizione piuttosto unilaterale. In realtà gli eventi comunicativi non possono, in genere, essere ridotti e semplificati secondo questa logica che ci fa perdere di vista la complessità reale dell’evento e le retroazioni che lo hanno determinato.
Il quarto punto distingue tra linguaggi più intuitivi e primitivi (analogici) e linguaggi più evoluti, astratti e convenzionali (numerici). Nei primi si ha un rapporto di somiglianza tra il significato ed il significante dove il secondo mantiene con il primo un rapporto non arbitrario. Il significante è cioè ancora connesso al significato da una analogia, da una similitudine, da una omofonia. I linguaggi, nel procedere della cultura, subiscono un processo di astrazione, di progressiva convenzionalizzazione e dunque di sempre maggior arbitrarietà tra significato e significante. Es. Il passaggio dai simboli numerici fenici e romani a quelli arabi dove il significante del numero tende a perdere progressivamente i suoi legami con la quantità rappresentata (significato).
Nel quinto punto si descrivono le differenze tra le relazioni di tipo simmetrico e quelle di tipo complementare. Le prime si sviluppano su posizioni paritarie e, in esse, nessuno dei due protagonisti accetta un ruolo subalterno. Si assiste cioè ad una vera e propria disputa per la leadership. Nelle seconde invece uno dei due soggetti riconosce la leadership dell’altro, perlomeno nel settore all’interno del quale si sviluppa, in quel momento, la comunicazione. Le prime tendono ad essere molto vive ma eccessivamente conflittuali; le seconde non sono conflittuali ma alla lunga possono risultare monotone.
[M.Fochi]

Nessun commento: