30 dicembre 2002
Fonte: Il Tempo.it
di TONINO CANTELMI
L’ULTIMO Rapporto sulla Salute Mentale nel Mondo elaborato dall'OMS è davvero duro verso l'Italia. Eppure sembra che nessuno se ne sia accorto. Non certo tutti coloro che hanno aspramente criticato ogni proposta di riforma della cosiddetta Legge 180: i difensori dello status quo continuano a sostenere che il mondo invidierebbe la nostra organizzazione sanitaria in tema di salute mentale. Di fatto, benchè la maggior parte dei Paesi occidentali abbia cambiato negli ultimi anni la legislazione che regola l'assistenza psichiatrica, nessuno ha imitato tout court i nostri modelli. Ma cosa dice il Rapporto 2001 dell'OMS a proposito dell'Italia? Dice testualmente: «I pochi dati di cui si dispone sembrano indicare che sulle famiglie ricade il peso di una serie di cure che prima erano a carico delle strutture psichiatriche ospedaliere». Ecco il punto, negato da pervasive ideologie: alle famiglie, secondo l'OMS, è stato assegnato un carico insostenibile.
Sorprende che Ernesto Muggia, Presidente dell'UNASAM (un’organizzazione di familiari ed operatori, politicamente schierata), qualche anno fa sostenitore di una modifica legislativa, adesso affermi invece che non serve alcuna modifica legislativa e che le famiglie non chiedono questo. In realtà, il grido delle famiglie è forte ed ineludibile, come è dimostrato dalla straordinaria adesione di centinaia di famiglie all'Associazione presieduta dalla Zardini, l'ARAP, che da anni si batte per la riforma della cosiddetta Legge 180, al di là di ogni schieramento politico. L'OMS però sostiene, a proposito dell'Italia, molte altre cose, che una certa veteropsichiatria finge di ignorare: «Inchieste recenti hanno mostrato che, nonostante l'introduzione di nuovi servizi, i malati difficilmente ricevono una farmacoterapia ottimale e che le terapie psicosociali scientificamente convalidate non sono ripartite equamente tra i servizi per la sanità mentale». In altri termini dovrebbe finire la stagione dell'improvvisazione spacciata per creatività: è necessario adeguare la prassi terapeutica agli straordinari progressi delle neuroscienze e adeguare gli interventi a standard verificabili. «Nei casi di schizofrenia» prosegue il rapporto «solo l'8% delle famiglie beneficia di interventi psicoeducativi, nonostante quest'ultimi siano considerati fondamentali per il trattamento della patologia in questione». Solo 8 famiglie su cento ricevono un trattamento adeguato, ritenuto dalla letteratura mondiale fondamentale. Ricordiamo che in Italia sono oltre 250.000 i pazienti affetti da schizofrenia, numero che raggiunge la cifra di circa 600.000 se consideriamo la psicopatologia grave nella sua totalità. Le ricerche sostengono che un adulto su 4 presenta nel corso della vita un qualche disturbo psichico. Su questo punto, quello delle cure, sarebbe necessario che l'Osservatorio sulla Salute Mentale, presieduto dal Sottosegretario Guidi, prenda una posizione netta: è assolutamente ineludibile la necessità di promuovere un reale miglioramento delle prestazioni erogate dai servizi attraverso forme di intervento che siano sottoposte a valutazioni di processo (cioè come vengono fatti gli interventi) e di esito (cioè quali risultati danno). Insomma i "malati" e le loro famiglie hanno il diritto di accedere non a cure "creative" (cioè non validate scientificamente), ma a cure che corrispondano ai progressi ed alle conoscenze attuali, secondo una medicina "basata sulle evidenze". Infine nel Rapporto leggiamo una affermazione davvero gravissima per l'Italia: «I benefici ed i vantaggi per i malati che hanno seguito questo nuovo sistema sembrano potersi attribuire più alle cure delle famiglie che alle offerte dei servizi». È una dichiarazione che scardina ogni posizione conservatrice: i benefici ed i vantaggi eventualmente conseguiti dai malati non sono da attribuirsi alle offerte dei servizi ma alle cure delle famiglie. Eppure tutto ciò è stato accuratamente occultato: nessun dibattito è stato promosso sulle dure accuse che l'OMS fa al sistema organizzativo italiano, anzi, da più parti è stato detto che il Rapporto promuove l'Italia. E' l'ennesima falsificazione. «L'esperienza italiana», afferma infine il Rapporto, «ci insegna...che non sembra essere sufficiente limitare il ruolo degli ospedali psichiatrici per passare ad un nuovo sistema community based» e aggiunge: «Una legge che prevede una riforma non dovrà solamente stabilire degli orientamenti (come per l'Italia), ma dovrà essere normativa, vale a dire definire dei criteri minimi di assistenza, realizzare dei sistemi stabili di monitoraggio..., creare dei meccanismi centrali di verifica, controllo e comparazione della qualità dei servizi». Il Parlamento italiano sarà chiamato ad esprimersi su questi temi. Ci auguriamo che ciò avvenga presto, prima che altre tragedie ribadiscano dolorosamente quanto da tutti conosciuto. La salute mentale non è un affare ideologico: occorre che tutti facciano un passo indietro: dopo 24 anni, tanti ne conta la cosiddetta legge 180, è ora di ripensare una configurazione della assistenza che corrisponda ai bisogni di una società moderna.
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