1 novembre 2005

Festival della scienza a Genova con il patrocinio dell'Unesco

La Città della parola per salvare le lingue
Ogni anno scompaiono dal mondo 235 idiomi, tra cui quelle parlate dai boscimani, dai pigmei e da alcuni indios dell'Amazzonia

GENOVA — Sarà un museo singolare, mai creato finora in alcun continente, forse per l'arditezza dell'idea e la vastità dell'operazione. Ma ora nella fucina del Festival della Scienza, aperto ieri a Genova e che con un fuoco d'artificio di 250 iniziative tra conferenze, incontri, mostre, spettacoli trasformerà per due settimane il capoluogo ligure in una capitale scientifica, la grande ambizione inseguita da tempo sta prendendo forma e si chiamerà «Città della parola». Il progetto, già dettagliato nei contenuti, verrà formalmente presentato a Parigi, all'Unesco, ente patrocinatore, nel febbraio prossimo durante la giornata della lingua. «Come ci preoccupiamo giustamente della protezione delle specie biologiche — spiega Vittorio Bo, direttore del Festival e «padre» della nuova iniziativa — è giunto anche il momento di preservare pure la molteplicità linguistica alla quale è legata l'identità delle popolazioni e la straordinaria storia dell'avventura umana».
Oggi sulla Terra si parlano 5.500 idiomi diversi, senza contare i dialetti, i gerghi o le lingue sacre. Ma tale inestimabile patrimonio di cultura si impoverisce progressivamente perché ogni anno 235 lingue scompaiono irrimediabilmente (tra cui quelle parlate dai boscimani, dai pigmei e da alcuni indios dell'Amazzonia). Che ciò accada è conseguenza del fatto che oggi l'80 per cento dei linguaggi non riesce a «comunicare»; cioè i gruppi di persone che li esprimono non interagiscono con il mondo esterno e finiscono col dissolversi. Ma la «Città della parola» non si propone soltanto la protezione delle lingue in via di estinzione, e punta invece, proprio nell'epoca dei segni e delle parole globali, a recuperare il senso dell'origine e della ricchezza dei linguaggi nelle loro variazioni e distinzioni.
Per questo il museo sarà organizzato in tre parti distinte. Una, permanente, che raccoglierà in modo stabile codici di ogni genere, presenterà le migrazioni e le trasformazioni, ne analizzerà le relazioni con gli strumenti (dal papiro al computer) arrivando anche a considerare le espressioni specialistiche in cui la parola si articola comprendendo dal gergo scientifico a quello giuridico. Una seconda parte avrà una caratteristica temporanea ospitando mostre capaci di presentare forme diverse di linguaggio, comprendendo dall'arte al giochi enigmistici. E sempre in questo ambito sorgerà una sorta di «università della parola » per formare specialisti e indagare i rapporti fra le lingue.
La terza parte, infine, della «Città» sarà costituita da un archivio che costituirà la base per ogni tipo di ricerca. Proprio per dare corpo all'iniziativa, il Festival della scienza genovese quest'anno ospita due incontri dedicati all'argomento con illustri linguisti europei, americani e russi. Tra questi c'è Luisa Maffi esperta canadese di origine italiana che a Washington dirige il centro per la conoscenza delle lingue e che sarà coinvolta nella realizzazione del progetto genovese. La «Città della parola» è, ovviamente, un'impresa internazionale e alla sua gestazione collaborano già oggi cervelli di grande fama come il francese Claude Hagège. La sede del suo insediamento non è ancora definita e potrà essere da Venaria Reale (vicino a Torino), a Genova, a Milano. Il raggio d'azione delle attività comprenderà l'Italia estendendosi poi all'Europa e ad altri continenti.

Giovanni Caprara
28 ottobre 2005