Se siamo ancora cittadini di questo
paese, non possiamo accettare che lo Stato obblighi terapeuti e pazienti
ad effettuare sistematicamente cure contro la propria volontà...
Perché questo prevede la proposta di Legge “Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica” (Vedi Testo integrale del Disegno di Legge),
allungando la possibilità di ricoverare i pazienti in strutture
psichiatriche fino ad un anno, anche se non consenzienti e ponendo
l’accertamento medico finalizzato al ricovero coatto come prevalente
rispetto ai diritti civili dei cittadini.
L’obbligo di trattamento, finora riservato a situazioni eccezionali,
urgenti e solo per alcuni giorni, oggi diventa applicabile anche alle
situazioni ordinarie, di emergenza e fino a un anno di durata. Agire
contro la volontà del paziente non sarà più un caso eccezionale, ma una
regola.
Un anno di trattamento senza consenso è un tempo
infinito, inutile e sfibrante per tutti: per la persona, per i familiari
e per chi presta le proprie cure come medico, psicologo, infermiere o
educatore, per le altre persone accolte nella struttura di cura.
Chiunque abbia avuto rapporti di cura con persone ricoverate negli
OPG, recentemente In corso di soppressione per il loro plateale
fallimento sia nella cura che nell’applicazione della giustizia, conosce
bene l’abominio delle cure obbligatorie, il mefitico mescolamento di
controllo giudiziario e terapia psichica. Chiunque abbia conosciuto
persone costrette al ricovero per periodi protratti più di qualche
settimana, sa bene che il danno prodotto dalla cura è peggiore di
qualsiasi beneficio.
L’articolo 4 determina che “Le
procedure di intervento sanitario obbligatorio, accertamento sanitario
obbligatorio (ASO) e trattamento sanitario obbligatorio, che assume la
definizione di trattamento sanitario necessario (TSN), sono attivate
quando la garanzia della tutela della salute è ritenuta prevalente sul diritto alla libertà individuale del cittadino”. E che “L’accertamento
sanitario obbligatorio è proposto sia da un medico del Servizio
sanitario nazionale, sia da un medico del dipartimento di salute mentale
per l’effettuazione di un’osservazione clinica”. […]
In sostanza un medico del SSN, anche qualunque, può internare
chiunque sulla base di presunte valutazioni diagnostiche (accertamenti) e
tali valutazioni sono “prevalenti sul diritto alla libertà”.
Nessun incubo orwelliano potrebbe essere espresso in forma migliore.
Valutazioni mediche indifferenziate hanno il potere di interdire un
cittadino. Questa è sì la follia.
L’articolo 5 prevede una terapia prolungata anche
senza il consenso del paziente. Una novità rispetto al trattamento
sanitario obbligatorio praticato fino ad oggi, che ha tempi ridotti ed è
finalizzato ad ottenere il consenso del paziente alle cure. Il paziente
potrà essere trattenuto fino ad un anno continuativamente, e “Il trattamento necessario extraospedaliero prolungato è finalizzato a vincolare il paziente al rispetto di alcuni principi terapeutici”.
Il tema del consenso, che implica un lavoro di contrattazione e
confronto con il paziente da cui spesso inizia una relazione con i
curanti e poi una cura, qui scompare: lo scopo è vincolare il paziente.
Appellarsi alla necessità significa sottrarsi alla possibilità del
conflitto e alla pratica della sua risoluzione come principio di
terapia. Appellarsi alla necessità significa stare abbastanza alla larga
dal paziente da non permettergli repliche.
L’articolo 8 obbliga il medico del Centro di Salute
Mentale a svolgere visite domiciliari se i familiari segnalano l’esordio
di una psicopatologia. Emerge una concezione ingenua della condizione
psichiatrica, in cui i familiari sono depositari di una visione
oggettiva sul parente malato ed hanno il potere di imporre all’équipe
curante e alla persona un atto terapeutico come la visita domiciliare.
La buona pratica di andare in visita occasionale ai pazienti sembra del
tutto sconosciuta. La pena per il medico inadempiente è demandata
all’area disciplinare, e sottratta allo spazio del rapporto umano con il
paziente e la sua famiglia.
L’articolo 9 impone allo psichiatra del DSM di
informare i parenti, mentre deve ricorrere al giudice per informare
conviventi o persone che si prendono abitualmente cura del paziente. In
nessun punto dell’articolo si parla dell’opinione del paziente
ricoverato, che mentre è lontano da casa, sofferente e in un luogo
estraneo, non ha nemmeno il diritto di decidere delle informazioni che
lo riguardano. Divenuto oggetto piuttosto che proprietario delle
informazioni sul proprio stato di salute, il paziente diagnosticato
perde ogni diritto di obiettare. Che succederebbe se il paziente
imponesse al medico il silenzio, esercitando pienamente il proprio
diritto alla riservatezza e appellandosi al segreto professionale?
In tutta questa proposta di legge, il grande assente è il rapporto fiduciario: ciò
che ci permette di affidarci alle mani di un dentista, di un avvocato,
di un sacerdote, di uno psichiatra. Ciò che ci permette di affrontare
anche il dolore delle cure, se necessario, perché riponiamo nella
persona che abbiano davanti la fiducia che stia agendo per il nostro
interesse. Lo Stato si interpone al rapporto umano e professionale fra
curante e paziente e sceglie per loro, ignorando il principio cardine
della terapia.
Chiunque abbia mai affrontato l’avventura della cura sa che le
persone con disturbi psichiatrici non perdono la propria cittadinanza,
la capacità di fidarsi e di scegliere le persone di cui fidarsi. Questo
accade nelle realtà eccellenti che pur ci sono in Italia le cui buone
pratiche non vengono qui prese in nessun modo ad esempio. Chiunque abbia
curato sa bene che la prima cura è la conquista della reciproca
fiducia. Chiunque sappia cos’è la fiducia, sa che è qualcosa che nasce
nell’animo delle persone, che nessun protocollo può imporre.
Ogni codice deontologico basa l’atto professionale sul rapporto
fiduciario. Non c’è atto professionale se non c’è fiducia fra
professionista e cittadino. Non c’è fiducia nell’obbligo come fondamento
della cura.
Questa Proposta di Legge deve essere bloccata nel proprio iter di approvazione parlamentare. In 12 aberranti articoli, il testo non disegna una legge, ma un futuro di persone private degli elementi minimi di cittadinanza.
Lo fa con una noncuranza disarmante, che non esprime nemmeno
un’ideologia repressiva, quanto la mancanza di ideologia e di pensiero,
atti di cura privi di ogni contenuto relazionale.
Per tutto questo ti chiediamo di firmare questa petizione e di fermare questo obbrobrio etico, culturale, civile.
Per tutto questo ti chiediamo di firmare questa petizione e di fermare questo obbrobrio etico, culturale, civile.
Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica.C. 919 Marinello, C. 1423 Guzzanti, C. 1984 Barbieri, C. 2065 Ciccioli, C. 2831Jannone, C. 2927 Picchi, C. 3038 Garagnani e C. 3421 Polledri. TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL RELATORE ADOTTATO COME TESTO BASE Testo integrale del Disegno di Legge
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