di Vittorio Lingiardi (*)
Settimane ad alta concentrazione di omosessualità, queste. Prima o poi
dovremo cercare di capire se sono i gay e le lesbiche che si danno molto
da fare, o se invece sono gli etero a non poterne più fare a meno. Gli
episodi che ricorderò sono tutti avvenuti nell'arco di pochi giorni. Nel
quaderno 3918 di La Civiltà Cattolica, storica rivista dei Padri
Gesuiti, il direttore Antonio Spadaro intervista Papa Francesco. Il
quale sostiene la necessità di una riforma in seno alla Chiesa: «Le
riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo»,
perché «la prima riforma deve essere quella dell'atteggiamento». Il
ribaltamento potrebbe avere ripercussioni sociali importanti. «A Buenos
Aires ricevevo lettere di persone omosessuali, che sono "feriti sociali"
perché mi dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre condannati.
Ma la Chiesa non vuole fare questo». Sbaglierò, ma nella definizione di
"ferito sociale" mi sembra di leggere, magari da lontano,
inconsapevolmente e in controluce, qualcosa del concetto psicologico di
"omofobia interiorizzata" come conseguenza dello stigma.
Bergoglio riprende anche la dichiarazione rilasciata due mesi prima di
ritorno da Rio de Janeiro: «Se una persona omosessuale è di buona
volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dio
nella creazione ci ha resi liberi: l'ingerenza spirituale nella vita
personale non è possibile». «Una volta una persona, in maniera
provocatoria, mi chiese se approvavo l'omosessualità. Io allora le
risposi con un'altra domanda: "Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l'esistenza con affetto o la respinge condannandola?".
Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero
dell'uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo
accompagnarle a partire dalla loro condizione». Il corsivo è mio. Fino a
pochi mesi fa, da quel soglio queste parole sarebbero state
impronunciabili.
Intanto, la Camera del nostro Parlamento approva una proposta di legge
contro l'omofobia. Ma due emendamenti scatenano la delusione e la rabbia
di chi in questi anni ha combattuto per i diritti delle minoranze. I
famigerati emendamenti Gitti e Verini, che l'amico Ivan Scalfarotto,
relatore del Ddl in questione, definisce «un compromesso che non inficia
la legge», tutelano e includono «nel pluralismo delle idee» la «libera
espressione e manifestazione di convincimenti o opinioni purché non
istighino all'odio o alla violenza». Si apprende con sconcerto che tali
convincimenti e opinioni sono garantiti a «organizzazioni che svolgono
attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di
istruzione ovvero di religione o di culto».
Mettiamo che si parli di ebrei: se un rappresentante di
un'organizzazione che svolge, per dire, attività di istruzione dice ai
suoi allievi che «gli ebrei sono una razza inferiore» paradossalmente è
più legittimato rispetto a prima. La legge che dovrebbe tutelare dal
razzismo, sembra invece tutelare il razzismo. E poi siamo sicuri che
frasi come queste non siano le micce dell'istigazione? Si spera, wishful thinking, in un ravvedimento del Senato.
Intanto, dalla Russia senza amore, Putin dichiara che «se Berlusconi
fosse stato gay, nessuno avrebbe osato alzare un dito contro di lui:
l'hanno processato perché vive con le donne». La frase è così surreale
che verrebbe voglia di liquidarla come flatus vocis (alla
Barilla, per intenderci), se non fosse che la Duma ha varato una legge
che vieta di parlare di omosessualità come di una cosa normale e punisce
la «promozione di comportamenti sessuali non tradizionali». Con tanto
di predica: «Noi vediamo come molti paesi euroatlantici si sono messi
sulla via del rifiuto delle proprie radici, compresi i valori cristiani
che sono la base della civiltà occidentale, negando l'identità
nazionale, culturale, religiosa, e persino del genere (sessuale)».
«Finirà che in Russia mettono al bando la musica di Tchaikovsky. Per
fortuna la Gioconda è a Parigi!».
Così la presidente dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, Marialori
Zaccaria, introduce la giornata del 21 settembre, dedicata alla
presentazione, presso la Biblioteca Nazionale di Roma, delle Linee guida
per la consulenza psicologica e la psicoterapia con le persone
lesbiche, gay e bisessuali, che ho redatto insieme a Nicola Nardelli. Ce
n'era bisogno, non solo perché, stando a una ricerca su un campione
nazionale di più di tremila psicologi e psicoterapeuti, sono proprio
loro i primi a lamentare una pericolosa mancanza di formazione sul tema,
ma anche perché circa la metà dichiara che aiuterebbe a "diventare
eterosessuali" le persone omosessuali a disagio con il proprio
orientamento sessuale.
Contemporaneamente il 76% degli psicologi intervistati definisce
l'omosessualità una "variante normale" della sessualità. Insomma, sotto
il cielo delle terapie la confusione è grande. Sensibile e preoccupato,
anche l'Ordine Nazionale ha approvato le Linee Guida.
Non altrettanto sensibili le pagine della Treccani ospitano voci
disinformate che alimentano i pregiudizi. Tanto che un gruppo di
accademici ha scritto al Ministro Bray (ex direttore editoriale della
Treccani) e a Giuliano Amato (idem) per chiedere la modifica di alcuni
lemmi (tra cui omosessualità, genere, intersessualità). Se la risposta
sarà positiva, non ci toccherà più leggere: «a oggi quel che si può
affermare con certezza è che, sulla base della evidente bipolarità
sessuale uomo/donna, l'orientamento eterosessuale è innato (in-naturae), ma può subire cambiamenti
o modificazioni a causa di particolari interazioni del soggetto con
l'ambiente familiare e sociale, generando un orientamento omosessuale».
Oppure: «nelle donne omosessuali si tende a conformare le proprie
esperienze a quelle dei modelli eterosessuali, con una partner
dominante, maschile e un surrogato della moglie». Corsivi miei anche qui (a indicare la visione negativa del desiderio omosessuale e l'uso eteronormativo del linguaggio).
Nicoletta Maraschio, presidente di un'altra importante istituzione
culturale, l'Accademia della Crusca, auspica per il suo Dizionario che
«venga riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso e che
si mantenga la parola "matrimonio", dandole un nuovo significato ma
mantenendo anche tutti i valori simbolici che il termine contiene in
sé». Ecco, lei si augura che le cose cambino. Che è anche il motto della
campagna Isbn-Corriere della Sera contro il bullismo e l'omofobia: www.lecosecambiano.org.
Finché un giorno, come Dorothy nel Mago di Oz, anche noi potremo esclamare: «Toto, I don't think we are in Italy anymore!».
(*) Articolo pubblicato il 29/09/2013 su «Il Sole-24 Ore»
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