19 ottobre 2013

Omofobie e antiomofobie

di Vittorio Lingiardi (*)
 
Settimane ad alta concentrazione di omosessualità, queste. Prima o poi dovremo cercare di capire se sono i gay e le lesbiche che si danno molto da fare, o se invece sono gli etero a non poterne più fare a meno. Gli episodi che ricorderò sono tutti avvenuti nell'arco di pochi giorni. Nel quaderno 3918 di La Civiltà Cattolica, storica rivista dei Padri Gesuiti, il direttore Antonio Spadaro intervista Papa Francesco. Il quale sostiene la necessità di una riforma in seno alla Chiesa: «Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo», perché «la prima riforma deve essere quella dell'atteggiamento». Il ribaltamento potrebbe avere ripercussioni sociali importanti. «A Buenos Aires ricevevo lettere di persone omosessuali, che sono "feriti sociali" perché mi dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre condannati. Ma la Chiesa non vuole fare questo». Sbaglierò, ma nella definizione di "ferito sociale" mi sembra di leggere, magari da lontano, inconsapevolmente e in controluce, qualcosa del concetto psicologico di "omofobia interiorizzata" come conseguenza dello stigma.
Bergoglio riprende anche la dichiarazione rilasciata due mesi prima di ritorno da Rio de Janeiro: «Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dio nella creazione ci ha resi liberi: l'ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile». «Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l'omosessualità. Io allora le risposi con un'altra domanda: "Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l'esistenza con affetto o la respinge condannandola?". Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell'uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione». Il corsivo è mio. Fino a pochi mesi fa, da quel soglio queste parole sarebbero state impronunciabili.
Intanto, la Camera del nostro Parlamento approva una proposta di legge contro l'omofobia. Ma due emendamenti scatenano la delusione e la rabbia di chi in questi anni ha combattuto per i diritti delle minoranze. I famigerati emendamenti Gitti e Verini, che l'amico Ivan Scalfarotto, relatore del Ddl in questione, definisce «un compromesso che non inficia la legge», tutelano e includono «nel pluralismo delle idee» la «libera espressione e manifestazione di convincimenti o opinioni purché non istighino all'odio o alla violenza». Si apprende con sconcerto che tali convincimenti e opinioni sono garantiti a «organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto».
Mettiamo che si parli di ebrei: se un rappresentante di un'organizzazione che svolge, per dire, attività di istruzione dice ai suoi allievi che «gli ebrei sono una razza inferiore» paradossalmente è più legittimato rispetto a prima. La legge che dovrebbe tutelare dal razzismo, sembra invece tutelare il razzismo. E poi siamo sicuri che frasi come queste non siano le micce dell'istigazione? Si spera, wishful thinking, in un ravvedimento del Senato.
Intanto, dalla Russia senza amore, Putin dichiara che «se Berlusconi fosse stato gay, nessuno avrebbe osato alzare un dito contro di lui: l'hanno processato perché vive con le donne». La frase è così surreale che verrebbe voglia di liquidarla come flatus vocis (alla Barilla, per intenderci), se non fosse che la Duma ha varato una legge che vieta di parlare di omosessualità come di una cosa normale e punisce la «promozione di comportamenti sessuali non tradizionali». Con tanto di predica: «Noi vediamo come molti paesi euroatlantici si sono messi sulla via del rifiuto delle proprie radici, compresi i valori cristiani che sono la base della civiltà occidentale, negando l'identità nazionale, culturale, religiosa, e persino del genere (sessuale)». «Finirà che in Russia mettono al bando la musica di Tchaikovsky. Per fortuna la Gioconda è a Parigi!».
Così la presidente dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, Marialori Zaccaria, introduce la giornata del 21 settembre, dedicata alla presentazione, presso la Biblioteca Nazionale di Roma, delle Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con le persone lesbiche, gay e bisessuali, che ho redatto insieme a Nicola Nardelli. Ce n'era bisogno, non solo perché, stando a una ricerca su un campione nazionale di più di tremila psicologi e psicoterapeuti, sono proprio loro i primi a lamentare una pericolosa mancanza di formazione sul tema, ma anche perché circa la metà dichiara che aiuterebbe a "diventare eterosessuali" le persone omosessuali a disagio con il proprio orientamento sessuale.
Contemporaneamente il 76% degli psicologi intervistati definisce l'omosessualità una "variante normale" della sessualità. Insomma, sotto il cielo delle terapie la confusione è grande. Sensibile e preoccupato, anche l'Ordine Nazionale ha approvato le Linee Guida.
Non altrettanto sensibili le pagine della Treccani ospitano voci disinformate che alimentano i pregiudizi. Tanto che un gruppo di accademici ha scritto al Ministro Bray (ex direttore editoriale della Treccani) e a Giuliano Amato (idem) per chiedere la modifica di alcuni lemmi (tra cui omosessualità, genere, intersessualità). Se la risposta sarà positiva, non ci toccherà più leggere: «a oggi quel che si può affermare con certezza è che, sulla base della evidente bipolarità sessuale uomo/donna, l'orientamento eterosessuale è innato (in-naturae), ma può subire cambiamenti o modificazioni a causa di particolari interazioni del soggetto con l'ambiente familiare e sociale, generando un orientamento omosessuale». Oppure: «nelle donne omosessuali si tende a conformare le proprie esperienze a quelle dei modelli eterosessuali, con una partner dominante, maschile e un surrogato della moglie». Corsivi miei anche qui (a indicare la visione negativa del desiderio omosessuale e l'uso eteronormativo del linguaggio).
Nicoletta Maraschio, presidente di un'altra importante istituzione culturale, l'Accademia della Crusca, auspica per il suo Dizionario che «venga riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso e che si mantenga la parola "matrimonio", dandole un nuovo significato ma mantenendo anche tutti i valori simbolici che il termine contiene in sé». Ecco, lei si augura che le cose cambino. Che è anche il motto della campagna Isbn-Corriere della Sera contro il bullismo e l'omofobia: www.lecosecambiano.org.
Finché un giorno, come Dorothy nel Mago di Oz, anche noi potremo esclamare: «Toto, I don't think we are in Italy anymore!».
 
 (*) Articolo pubblicato il 29/09/2013 su «Il Sole-24 Ore»

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