14 maggio 2020

Coronavirus Anxiety Scale (CAS)

Metodologia e composizione del campione

L’indagine è stata condotta online dalle ore 18:30 di giovedì 7/5/2020 alle ore 10:00 di sabato 9/5/2020, con accessibilità dal link https://it.surveymonkey.com/r/7Q9HHMW, sulla base del test clinico di screening per “ansia disfunzionale associata alla crisi Covid-19” Coronavirus Anxiety Scale (CAS) della Newport University (USA), nella versione italiana utilizzabile liberamente, curata da Marco Mozzoni e Elena Franzot. Il tempo medio di risposta al test online è stato di 60 secondi.
L’obiettivo era di rilevare nei soggetti la presenza nelle ultime due settimane (indicativamente la n.18 e la n.19 del 2020) di 5 sintomi considerati fattori principali per diagnosi da disturbo specifico suddetto: stato di confusione, disturbi del sonno, immobilismo tonico, perdita di appetito, stress addominale. Alle risposte sono stati attribuiti punteggi in funzione della frequenza del sintomo, da 0 (mai) a 4 (quasi tutti i giorni). Cut-off diagnostico: 9 al punteggio totale.
Hanno risposto in totale 130 soggetti, principalmente nella giornata di venerdì 8 maggio 2020, di cui 61,54% femmine, 31,54% maschi, 6,92% non dichiarati, così distribuiti per area geografica: 70,77% Nord, 11,54% Centro, 14,62% Sud, altro 3,08%. In merito alle fasce d’età: 17,69% fino a 20 anni, 22,31% da 21 a 30, 26,15% da 31 a 40, 19,23% da 41 a 50, 11,54% da 51 a 60, 3,08% da 61 a 70. È stato garantito il rispetto dell’anonimato e delle normative sulla privacy.
L’indagine resta attiva per registrare eventuali variazioni significative future che potranno essere oggetto di un nuovo rapporto comparativo.
Qui la versione italiana della Coronavirus Anxiety Scale (PDF), liberamente utilizzabile, messa a punto dai clinici Marco Mozzoni e Elena Franzot

Nella fase di “rilancio” l’80% degli Italiani soffre ancora di stati di confusione, immobilismo tonico, insonnia, perdita di appetito, stress addominale…
Più dell’80% degli Italiani interpellati ha dichiarato di avere sofferto nelle ultime due settimane di almeno una condizione psicofisiologica, tra cui stati di confusione, disturbi del sonno, immobilismo tonico, perdita di appetito, stress addominale; il 23% sarebbe stato interessato da tutti e cinque i sintomi insieme, con frequenza variabile.

Lo rivela il gruppo di ricerca indipendente Brainfactor Research, che in questi giorni ha condotto una indagine utilizzando la Coronavirus Anxiety Scale (CAS), il primo test di screening per “ansia disfunzionale associata alla crisi Covid-19” messo a punto dalla Newport University in USA.

Da cui emerge che il 22% della popolazione censita avrebbe in corso un disordine specifico di natura ansiosa collegato alla pandemia, di cui i cinque sintomi rilevati rappresentano i fattori principali. Tra le femmine il dato sale al 24% mentre tra i maschi si abbassa al 15%. Tale percentuale varia sensibilmente anche per area geografica, con Centro e Sud Italia che superano la media, ottenendo complessivamente il 34%, mentre il Nord fa registrare paradossalmente soltanto un 16% di prevalenza.

Una cosa è certa. I più colpiti dalla crisi sono i giovanissimi. Oltre il 39% degli under-20 è risultato infatti “patologico” alla CAS (e in questa fascia d’età ben il 96% dei soggetti ha sofferto di almeno un disturbo tra i cinque). L’indicatore scende progressivamente più si sale negli anni, passando per il 24,14% nella fascia 21-30, il 24% nel gruppo 41-50, il 21% nei 51-60, fino a raggiungere cifre prossime allo zero negli over-60, con un’unica eccezione alla tendenza, rappresentata dall’8,82% nei 31-40 anni.

In generale, tra i sintomi più diffusi vince lo stato di confusione (sentirsi frastornati, confusi, indeboliti), sperimentato almeno una volta nel periodo dal 77% dei soggetti; seguono a stretto giro l’immobilismo tonico (sentirsi “paralizzati” o “bloccati”) al 57%, i disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi, insonnia) al 56%, lo stress addominale (nausea e problemi allo stomaco) al 38%; chiude la classifica la perdita di appetito, che ha toccato solo il 33% della popolazione censita.

Anche qui, pur mantenendo lo stesso pattern di graduatoria dei sintomi, le percentuali salgano di molto nella popolazione dei giovanissimi (under-20), dove almeno una volta nelle due settimane lo stato di confusione ha interessato oltre il 91% dei soggetti, l’immobilismo tonico il 74%, i disturbi del sonno il 70%, lo stress addominale il 61%, la perdita di appetito il 48% di questa generazione fragile.

Per quanto riguarda infine le frequenze specifiche di permanenza dei sintomi nel periodo di riferimento, lo stato di confusione è stato provato per “diversi giorni” dal 23% del totale generale dei soggetti, a cui va aggiunto un 8% che lo ha provato per “più di una settimana” e un significativo 11% “tutti i giorni”. L’immobilismo tonico invece ha disturbato il 18% per “diversi giorni”, il 7% “più di una settimana”, il 4% “tutti i giorni”. I disturbi del sonno infine hanno interessato per “diversi giorni” il 12%, per “più di una settimana” il 7%, “tutti i giorni” il 6% dei soggetti.

“Più di una persona su cinque che incontriamo per la strada soffre di un disturbo importante, che andrebbe trattato clinicamente. Tra i giovanissimi la situazione è gravissima: quasi uno su due è risultato patologico alla CAS. In queste condizioni, di che rilancio vogliamo parlare?”, denuncia Marco Mozzoni, neuropsicologo e direttore di Brainfactor.

“I decisori dovrebbero avviare uno screening generale nella popolazione con strumenti come la Coronavirus Anxiety Scale, test clinico di libero utilizzo di cui abbiamo curato la versione italiana, perché è proprio nel momento della ripresa che vengono a galla i disordini sedimentati nella fase protratta di privazione delle libertà”, spiega Mozzoni.

“Gli under-20 rischiano infatti di vedere compromessa non solo la loro vita quotidiana attuale, ma anche il loro futuro: molte ricerche dimostrano che questi sintomi in età evolutiva si associano in età adulta non soltanto a disturbi d’ansia, ma anche a depressione e uso di droghe”, aggiunge Elena Franzot, psicologa e psicoterapeuta.

“I dati di questa indagine confermano quello che riscontro in questi giorni anche nella mia pratica clinica: le richieste di consulto da parte di ragazzi sono aumentate notevolmente; inoltre ritornano in studio con ‘ricadute’ anche giovani che in passato avevano già affrontato con successo disagi psicologici di vario genere”, dice Franzot.

Brainfactor Research
è un gruppo di ricerca indipendente che opera senza fine di lucro allo scopo di promuovere e diffondere gli studi in ambito neuroscientifico e sanitario, nello spirito del servizio alla comunità. È composto dai clinici che di volta in volta vi fanno riferimento.
Nessun contributo né finanziamento è stato ricevuto per questa ricerca.

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