14 luglio 2024

Ruminazione psicologica, i continui pensieri negativi vengono innescati da situazioni precise

 Lo studio

Una ricerca pubblicata sul Journal of Developmental Cognitive Neuroscience dimostra ora che la tendenza alla ruminazione è sostenuta da un particolare schema di attivazione di alcune aree cerebrali. La ricerca è stata realizzata su un gruppo di ragazze adolescenti che sono state esposte a un’esperienza virtuale di respingimento sociale mentre erano studiate attraverso la Risonanza Magnetica funzionale del cervello. Una tecnica che consente di «vedere in diretta» l’attivazione delle singole aree cerebrali. 

«Alti livelli di ruminazione psicologica sono risultati associati a un maggior livello di attività in aree come il precuneo, un centro di smistamento cerebrale implicato nel processamento di informazioni rilevanti l’identità personale», dicono gli autori dello studio. Il precuneo, assieme ad altre aree come la corteccia prefrontale mediale e la corteccia cingolata posteriore, sono regioni che si attivano quando si pensa a se stessi, alle proprie esperienze e alla rielaborazione dei ricordi. «Tutti facciamo esperienza di respingimenti da parte degli altri, ma l’esperienza non è uguale per ognuno di noi», dice Amanda Guyer del Center for Mind and Brain dell’University of California di Davis, che ha coordinato la ricerca. [CorSera]

18 novembre 2021

Winter Blues

L’inverno porta con sé giornate sempre più corte e temperature rigide. I colori grigi, i caloriferi roventi e la pioggia battente rendono novembre il mese più faticoso dell’anno. La sensazione di malessere caratterizzata da umore cupo e pensieri negativi che caratterizzano questo periodo ha un nome, si chiama Winter Blues.

Novembre è un mese faticoso
A novembre le attività lavorative e scolastiche sono ormai entrate nel vivo e con l’estate che sembra più lontana che mai, siamo sempre più immersi nell’atmosfera invernale. A cavallo tra ottobre e novembre poi torna l’ora solare, ovvero si vive un’ora di luce in meno. Questo influisce sull’umore poiché il corpo assorbe una quantità inferiore di serotonina e vitamina D, di conseguenza si altera la produzione di melatonina e i ritmi circadiani sonno-veglia vengono intaccati.
Gli effetti collaterali più comuni si riscontrano quotidianamente con una sensazione di sonnolenza e spossatezza, calo dei livelli di energia correlata ad affaticamento. Non mancano poi sbalzi d’umore senza motivo, poca motivazione, apatia e difficoltà nelle interazioni sociali. Si può inoltre percepire difficoltà di concentrazione, che a sua volta può portare a una diminuzione delle prestazioni intellettive. Questi sintomi hanno un nome e una diagnosi ben precisa: disturbo affettivo stagionale, detto anche winter blues.
Per ovviare il malumore stagionale, l’attesa del Natale può allietare le difficoltà facendoci tirare un sospiro di sollievo. Novembre infatti è anche il mese in cui si iniziano a vedere le prime luci e decorazioni natalizie.
Il passaggio dall’ora legale all’ora solare e l’inizio delle giornate più buie e fredde può portare con sé conseguenze da non sottovalutare, sia per quanto riguarda l’umore che la voglia di fare. Questi effetti sono stati classificati come diagnosi vera e propria agli inizi degli anni ’90 con il nome di disturbo affettivo stagionale (o winter blues). Si chiarì come l’esposizione alla luce solare potesse influenzare il sistema circadiano umano, influendo sulla produzione di ormoni essenziali come la melatonina e la serotonina. Questo comporta quindi una serie di effetti che, per tale motivo, si verificano solamente nei mesi invernali. I rimedi per affrontare al meglio questo periodo alleviando le conseguenze che provoca la minore esposizione alla luce solare sono diversi: una dieta corretta e sostanziosa, attività fisica e la possibilità di sottoporsi alla “light therapy“.
Disturbo affettivo stagionale o Winter Blues,
FONTE: Style24.it

10 aprile 2021

Rimanere o andarsene dal rapporto di coppia

Quando si attraversa un momento difficile con il proprio partner a tutti è capitato di pensare che la soluzione sia quella di chiudere il rapporto. Questo tipo di pensiero è assolutamente normale e naturale, basti pensare a come si è evoluto il ragionamento della mente umana. La mente primitiva dei nostri antenati ha cercato continuamente modi per risolvere i problemi inerenti la sopravvivenza sviluppando nel corso delle generazioni un complesso sistema di problem solving. Quando un rapporto diventa doloroso, minaccioso una delle soluzioni ragionevoli che ci suggerisce la nostra mente è quella di andarsene dal rapporto.

Nella terapia ACT (acceptance and commitment therapy) esistono sostanzialmente 4 approcci che possono essere utilizzati per qualsiasi relazione problematica:

1- Andarsene; spesso può essere la soluzione necessaria in situazioni di abuso o di pericolo fisico causate dal partner, ma nella maggior parte delle crisi di coppia regna il dubbio e l’incertezza che può portare a rimuginii costanti che durano giornate intere. In questo caso bisogna riuscire a fare del nostro meglio all’interno del rapporto prima di scegliere di lasciare il proprio partner, almeno c’è la consolazione di sapere di aver fatto il possibile per far funzionare il rapporto ma che questo può in alcune circostanze non essere sufficiente.

2- Rimanere e cambiare quello che può essere cambiato; in qualsiasi crisi di coppia quello che si può maggiormente controllare sono le nostre azioni e non direttamente quelle del partner. Le azione in ottica ACT sono quelle guidate dai nostri valori e per valori si intende l’insieme dei nostri desideri più profondi che riguardano chi vogliamo essere, incluso il nostro ruolo all’interno del rapporto di coppia. Le azioni guidate dai valori sono profondamente diverse da quelle guidate dalle situazioni di conflitto, come le reazioni reattive o l’evitamento.

3- Rimanere e accettare quello che non può essere cambiato;  Supponiamo di aver già intrapreso ogni azione possibile per migliorare la relazione e che il nostro rapporto continua ad essere molto faticoso, in questo caso bisogna lavorare sulla difficile pratica dell’accettazione. In questo caso c’è bisogno di lasciare spazio ai sentimenti dolorosi, di lasciare andare i pensieri giudicanti, ostili e di gestire le preoccupazioni e il rimuginio connesso ad esse. Generalmente la scelta 2 e la scelta 3 vanno di pari passo, mentre agiamo per cercare di migliorare la situazione dobbiamo tentare di accettare quello che è fuori dal nostro controllo.

4- Rimanere, arrendersi, e fare cose che peggiorano la relazione; quando all’interno di una relazione continuiamo a preoccuparci, rimuginare, soppesare, lamentarci con gli altri, incolpare noi stessi e il partner. Oppure ci sono strategie per cercare di sentirsi meglio come assumere droghe, bevendo alcol, mangiando porcherie, navigare su internet, intraprendere relazioni extraconiugali, ecc.. Quando avviene tutto questo a discapito del cercare di affrontare il problema (tutte e 3 le opzioni precedenti) sicuramente si va verso una vita piena di sofferenza.


Quando c’è una crisi di coppia può capitare, che leggendo i punti descritti in precedenza, ci siano emozioni sconfortanti e pensieri del tipo: “non ho scelto io di fare questo o di ritrovarmi cosi, non ci posso fare nulla”. Il lavoro che si può fare in ottica ACT in realtà aiuta a sviluppare una flessibilità psicologica tale da poter notare come realmente si abbia una scelta rispetto al modo in cui ci poniamo all’interno della relazione e come si può scegliere in modo da migliorare la qualità di vita anziché peggiorarla.

Quando ci si pone il dubbio di rimanere o andarsene ci si può rendere conto che non c’è modo per non scegliere e quindi di non decidere. La scelta 4 comporta uno stato di libo dove sicuramente si soffre e si ha una qualità di vita pessima. La domanda più utile da porsi in questo caso casa è “quanto ci teniamo?” al nostro rapporto e alla nostra condizione di vita.