Pare che in Spagna il libro del terapeuta cognitivista Rafael Santandreu abbia venduto più di 100.000 copie. Sulla base di questo successo è comparsa la traduzione italiana L’arte di non amareggiarsi, appena pubblicata da Vallardi.
In
un periodo di difficoltà, incertezza e crisi per tutti, un esperto di
terapia cognitiva ci viene in aiuto: se già le cose decisamente non
vanno come noi ci auguriamo, almeno possiamo usare la testa per non
renderle perfino peggiori, ‘terribilizzando’, come dice l’autore, e cioè
drammatizzandole e lamentandocene per abitudine. Possiamo occuparci di
quel che va fatto, ma senza più pre-occuparci a vuoto.
Il metodo è quello razional-cognitivo di Albert Ellis (deceduto nel 2007 a New York all’età di 93 anni), e più che una terapia è un’educazione logico-emotiva.
L’idea
di base è che dietro a stress, frustrazione, sofferenza e disagio
esistenziale vi siano convinzioni ‘irrazionali’: nel senso di inadeguate
a vivere serenamente. Per cui una ‘rieducazione logica’
ci porta alla calma e alla serenità. Citando la filosofia antica di
Epitteto, il manuale insegna a essere ‘più forti ed equilibrati a
livello emotivo’, trasformando il nostro modo di pensare, rendendoci
conto di come il nostro stato d’animo dipenda dalle nostre valutazioni
di quel che accade, e non da quel che accade in sé.
Distinguendo
tra bisogni, desideri, aspirazioni, pretese, necessità, disinneschiamo
il ‘pensiero terribilizzante’ e rendiamo la nostra pace interiore,
almeno in qualche misura, indipendente da quel che accade.
Ci liberiamo delle nevrosi radicate nella ‘necessitite’,
nel credere cioè di aver assoluto bisogno, per poter riuscire a vivere,
di quel che, più semplicemente, non è che un nostro desiderio. Niente
male!
L’autore dimostra che la preoccupazione e la negatività sono
irragionevoli, e apre ad un dialogo interiore adatto allo scopo di star
bene. Nella nostra attuale quotidianità caratterizzata da cattive
notizie, ansia diffusa, dall’abitudine a lamentarci e a polemizzare si
tratta di un libro che, nella sua semplicità, può essere davvero utile a
tanti.
Tuttavia il suo linguaggio mi sembra un poco di altri tempi.
Forse ha a che fare con le origini storiche dell’approccio
cognitivista, il secondo dopoguerra con la sua fiducia nella razionalità
e nella scienza, o banalmente con la traduzione, ma sono molti i
concetti che esprimono una tendenziale implicita normatività,
ad esempio: ‘…imparare a riconoscere cosa pensiamo in maniera
sbagliata…’ (a pag. 72) – dove col termine ‘sbagliata’ si intende
‘inadeguata allo scopo di mantenere la calma’. Oppure (pag. 73):
‘combattere le credenze irrazionali’, dove con ‘irrazionali’ si intende
‘controproducenti’, sempre allo scopo di star bene.
Accettare gli
altri e le situazioni ‘non significa rassegnarsi’, ma usare la propria
intelligenza per distinguere tra quel che dipende da noi – le nostre
valutazioni e pensieri – e ciò che non dipende da noi – gli avvenimenti
che possiamo definire ‘emergenze’, problemi, difficoltà, sfide, e che,
al di la di quel che ne pensiamo, ‘accadono e basta’.
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