La situazione di emergenza dovuta alla pandemia di COVID-19 mette a
dura prova la nostra salute
psicologica. Le preoccupazioni e
l’incertezza aumentano con l’aggiornamento quotidiano dei dati su
contagio e letalità del virus e sul suo approssimarsi ai luoghi in cui
viviamo. Tuttavia, aumenta solo in modo lento e forzato la
consapevolezza dell’impatto devastante che una comunicazione non
responsabile e carente sugli aspetti psicologici può avere sulla
comunità.
Preoccupazioni e incertezza si sono accentuate dopo le ulteriori
necessarie indicazioni del decreto del 9 marzo che ha cambiato
drasticamente le nostre abitudini quotidiane, restringendo al minimo i
nostri spostamenti e le nostre attività allo scopo di contenere
l’epidemia. Stiamo vivendo un’emergenza mondiale che genera reazioni
psicologiche sia individuali che collettive.
Tra le risposte collettive ci sono state, soprattutto nelle prime
fasi della diffusione dell’epidemia e in corrispondenza delle
regolamentazioni governative, reazioni di massa caratterizzate
dall’allontanamento dalle zone più critiche (ricongiungendosi alle
famiglie in altre regioni, raggiungendo la casa al mare o in montagna,
andando in vacanza,…) e dall’assalto ai supermercati.
Sono entrambi comportamenti dettati dalla necessità di reagire a una
situazione di crisi e con un’intensità a essa proporzionata. Più tali
episodi sono riportati senza spiegazioni sui mezzi di comunicazione, più
tendono a ripetersi. Per quanto riguarda la spesa, quello che viene
veicolato è di solito un messaggio di scarsità di risorse (ad esempio,
‘non si trovano più le penne rigate’, ‘svuotati gli scaffali della carta
igienica’) che induce ulteriori eccessi negli acquisti. «Non è panico
questo, è una reazione che ha una sua razionalità, date le informazioni ricevute», ha spiegato Lorenzo Montali a Stefano Dalla Casa su Wired.
Solo con un’informazione responsabile è possibile affrontare le
preoccupazioni e l’incertezza di tutta la comunità, evitando che si
trasformino in comportamenti apparentemente incontrollati che, tuttavia,
possono diventare rischiosi durante un'epidemia.
Nel suo blog, nel 2012, lo psicologo sociale John Drury suggeriva tre strategie di comunicazione:
- Evitare l’espressione "non fatevi prendere dal panico".
- La convinzione che ci sia "panico" rende logico agire in modo individualistico.
- "'Il panico della spesa' non è panico".
Per Drury, "spesso sono i mass media, più che i politici, a
ricorrere al cliché del 'panico' per descrivere le code dei consumatori e
l'accumulo di scorte" e aggiungeva che "quando le persone pensano a se
stesse come identità sociale (ad es, 'sono membro della mia comunità')
sono più collaborative, meno pronte a fare code e più disposte a
condividere con estranei le merci in diminuzione".
In una recente revisione
degli studi sulla psicologia delle masse e comportamento collettivo,
Drury riporta che "la cooperazione che si verifica in molte emergenze e
catastrofi è spiegabile in termini di processi di identità sociale, che
riflettono le relazioni preesistenti oppure il nuovo senso di
appartenenza derivante dall'esperienza comune". I professionisti della
gestione delle emergenze devono essere, quindi, "consapevoli dell'uso
della comunicazione per costruire un'identità condivisa e della
necessità di aiutare la comunità a collaborare, fornendo ad essa
continuo supporto".
Anche la riluttanza con cui abbiamo aderito alla quarantena nazionale
ha risentito delle modalità di comunicazione. Come ha spiegato lo
psicologo sociale Armando Toscano a Linkiesta, “psicologicamente
la situazione non è facile” e “le fasi della metabolizzazione di una
novità come l’epidemia, che comporta una 'sospensione della normalità'
sono diverse”.
Attualmente siamo in una fase di iniziale “rassegnazione” e del forte
tentativo di creare un’identità sociale attraverso gli affollati ed
emozionanti incontri dai balconi o sui social network. Quello che manca è
un coordinamento nazionale che curi quotidianamente anche la
comunicazione sull’impatto psicologico dell’epidemia di COVID-19.
Da un lato, non abbiamo un gruppo di riferimento di psicologi
sociali, cognitivo-comportamentali, ecc. che informi la comunicazione
istituzionale e, dall’altro, non abbiamo una rete organizzata di
psicologi nei servizi territoriali che, operando in conformità alle
evidenze scientifiche, sia almeno sufficiente a garantire interventi
accessibili a tutti.
Il lavoro sul campo è lasciato all’enorme impegno di associazioni, di
gruppi regionali, di centri o di singoli che gratuitamente forniscono
supporto telefonico. Tralasciando le considerazioni sul consueto
messaggio che il lavoro di specialisti psicologi e psicoterapeuti non
valga una retribuzione e che non sia parte di un piano – come
professione sanitaria in una situazione di emergenza – interno al
Sistema Sanitario Nazionale, sarà sufficiente questa rete sfrangiata ad
affrontare i mesi di pandemia e i suoi effetti a lungo termine?
Oltre alle risposte collettive ci sono poi le risposte individuali
che variano in base alle risorse e al contesto di ciascuno che, a loro
volta e nel loro insieme, modulano i livelli di ansia e di paura
sperimentati. Se poi già ci si trovava in determinate condizioni
psicopatologiche, di fragilità o di disabilità la situazione tra
preoccupazioni, incertezza e sconvolgimenti del quotidiano può diventare
molto difficile da gestire.
Abbiamo selezionato e tradotto di seguito alcune indicazioni per
affrontare l’emergenza da COVID-19 stilate da enti ufficiali e che si
rivolgono a diversi gruppi. Le prime sei indicazioni sono tratte dalla
nota sugli aspetti psicosociali e di salute mentale dell’epidemia di
COVID-19 della Rete per la Salute Mentale e il Supporto Psicosociale
(MHPSS, Mental Health & Psychosocial Support Network) del Comitato
permanente Inter-Agenzia IASC (Inter-Agency Standing Committee) delle Nazioni Unite – Briefing note on addressing mental health and psychosocial aspects of COVID-19 Outbreak- Version 1.0 –,
le ultime tre sono pubblicate da centri di riferimento statunitensi o
britannici per i disturbi ossessivo-compulsivo, d’ansia e
post-traumatico da stress.
Gestione dello stress da epidemia negli anziani (IASC MHPSS)
Gli adulti più anziani, specialmente se in isolamento o con declino
cognitivo/demenza, possono diventare ansiosi, arrabbiati, agitati,
eccessivamente sospettosi durante l'epidemia/la quarantena. Occorre:
fornire supporto emotivo attraverso le reti informali (famiglie) e i
professionisti della salute mentale; condividere resoconti semplici su
ciò che sta accadendo e fornire informazioni chiare su come ridurre il
rischio di infezione; ripetere le informazioni ogni volta che sia
necessario.
Per le persone anziane in residenza assistenziale (ad es., case di
cura), gli amministratori e il personale devono garantire che siano in
atto misure di sicurezza per prevenire il contagio e l’insorgere di
preoccupazioni eccessive o panico. Allo stesso modo, è necessario
fornire sostegno al personale di assistenza che potrebbe trovarsi a
rimanere per lunghi periodi con i residenti e a non poter stare con la
propria famiglia.
Occorre prestare particolare attenzione ai gruppi ad alto rischio,
cioè alle persone anziane che vivono da sole/senza parenti stretti, che
hanno uno stato socioeconomico basso e/o condizioni di comorbilità come
declino cognitivo/demenza o altre condizioni psicopatologiche.
Le persone anziane potrebbero avere un accesso limitato alle app di
messaggistica. Occorre fornire, attraverso modalità accessibili,
informazioni e fatti precisi sull'epidemia di Covid-19, la progressione,
il trattamento e le strategie efficaci per prevenire l'infezione.
Le persone anziane potrebbero non avere familiarità con l'uso di
dispositivi o metodi di protezione oppure rifiutarsi di usarli. Occorre
che le istruzioni su come utilizzare i dispositivi di protezione siano
comunicate in modo chiaro, conciso, rispettoso e paziente.
Le persone anziane potrebbero non sapere come utilizzare i servizi
online per la spesa quotidiana, la consulenza o l’assistenza. Occorre
fornire informazioni dettagliate e aiuto pratico, se necessario;
distribuire beni e servizi come materiali di prevenzione (ad es.
mascherine, disinfettanti) e alimenti può ridurre l'ansia nella vita di
tutti i giorni; prescrivere agli anziani semplici esercizi fisici da
eseguire a casa/in quarantena favorisce il mantenimento della mobilità.
Rispondere ai bisogni delle persone con disabilità durante l’epidemia (IASC MHPPS)
Le persone con disabilità e i loro caregiver
affrontano barriere che potrebbero impedire loro di accedere alle cure e
alle informazioni essenziali per ridurre il rischio di infezione da
COVID-19.
- Barriere ambientali. La comunicazione del rischio è essenziale per promuovere la salute, per prevenire la diffusione dell'infezione e per ridurre lo stress nella popolazione, tuttavia le informazioni spesso non sono preparate e condivise per includere le persone con disabilità comunicative. Molti centri sanitari non sono accessibili alle persone con disabilità fisiche a causa delle barriere architettoniche e della mancanza di sistemi di trasporto pubblico accessibili.
- Barriere istituzionali. Il costo dell'assistenza sanitaria impedisce a molte persone con disabilità di potersi permettere servizi essenziali e mancano dei protocolli definiti per prendersi cura delle persone con disabilità in quarantena.
- Barriere attitudinali. Pregiudizi, stigmatizzazione e discriminazione nei confronti delle persone con disabilità, inclusa la convinzione che non siano in grado di contribuire alla risposta alle epidemie o prendere decisioni, possono aggiungere stress alle persone con disabilità e ai loro caregiver durante l’epidemia di COVID-19.
Se i caregiver devono essere trasferiti in quarantena, è
necessario predisporre piani per garantire un supporto continuo alle
persone con disabilità che necessitano di assistenza. Aggiungiamo che il
ruolo dei caregiver va considerato anche per gli anziani che
necessitano di assistenza quotidiana. In generale, occorre tener conto
anche dei loro bisogni sommersi dal momento che, nel periodo di
quarantena, i caregiver possono essere ancora più esposti all’impatto negativo delle cure quotidiane sulla propria salute fisica e psicologica.
Messaggi e attività per aiutare i bambini a gestire lo stress durante l'epidemia (IASC MHPPS)
Incoraggiare l'ascolto attivo e un atteggiamento comprensivo con i
bambini. I bambini possono rispondere a una situazione difficile in
diversi modi: aumentando la dipendenza dagli adulti di riferimento,
manifestando ansia, rabbia o agitazione, ritirandosi, presentando
incubi, enuresi notturna, frequenti cambiamenti di umore, ecc.
I bambini di solito si sentono sollevati se possono esprimere e
comunicare la loro inquietudine in un ambiente sicuro e supportivo. Ogni
bambino ha il suo modo di esprimere le emozioni (con attività creative,
con il gioco, ecc.).
I bambini spesso colgono i segnali emotivi dagli adulti di
riferimento, quindi il modo in cui gli adulti rispondono alla crisi e
gestiscono le proprie emozioni è molto importante.
Se un bambino deve essere separato dal suo caregiver
primario, è necessario assicurarsi che sia fornito un adeguato supporto e
che, quando possibile, siano mantenuti contatti regolari e frequenti
(ad es. tramite telefono, videochiamate).
I bambini dovrebbero continuare a mantenere il più possibile le
abitudini e gli orari regolari oppure devono essere guidati a nuove
routine quotidiane che comprendano attività scolastiche, gioco, relax,
attività sociali.
Ai bambini devono essere fornite informazioni adatte all’età su ciò
che sta accadendo, su come ridurre il rischio di infezione e su come
tenersi al sicuro.
Le nuove tecnologie stanno rendendo meno difficile la vita in
quarantena. Tuttavia, sono molti i bambini e le bambine, i ragazzi e le
ragazze che non hanno accesso ai dispositivi digitali o a una
connessione sufficiente a garantire il mantenimento delle interazioni
con i coetanei e la continuazione degli apprendimenti. Si tratta di un
problema sociale che accentua le disuguaglianze durante i periodi di
crisi e nelle fasi successive.
Attività per adulti in isolamento/quarantena (IASC MHPPS)
Esercizio fisico (ad es. Yoga, tai chi, stretching); esercizi
cognitivi; tecniche di rilassamento (ad es., respirazione, meditazione,
mindfulness); lettura di libri e riviste; riduzione del tempo trascorso a
guardare immagini impressionanti alla TV; riduzione del tempo dedicato
ad ascoltare dicerie; ricerca di informazioni da fonti affidabili
limitata a 1-2 volte al giorno, anziché ogni ora.
Supporto alle persone che lavorano per affrontare l’epidemia (IASC MHPPS)
Per chi lavora sul campo
Sentirsi stressati è abbastanza normale nella situazione
attuale. Gestire lo stress e il benessere psicosociale durante questo
periodo è importante quanto gestire la salute fisica.
La necessità di stare lontani dalla famiglia può rendere molto più
difficile una situazione già impegnativa. In questi casi, oltre a
mantenere i contatti, sarebbero necessari percorsi di supporto interni e
definiti.
Se lo stress peggiora, gli operatori possono sentirsi sopraffatti e
in colpa. Lo stress cronico può influire sul benessere mentale e sul
lavoro anche dopo un miglioramento della situazione.
Per direttori e responsabili
Proteggere la propria equipe dallo stress cronico aiuta a mantenere gli standard del lavoro svolto.
Monitorare regolarmente il benessere del personale, garantire
un’efficiente comunicazione e aggiornamenti tempestivi aiutano a
mantenere il controllo, mitigando le preoccupazioni e
l’incertezza. Assicurare delle riunioni brevi e regolari consente agli
operatori di esprimere le proprie preoccupazioni e di porre domande,
incoraggiando il sostegno tra colleghi.
Attualmente, mentre noi assistiamo al diffondersi del contagio,
l'aspetto più allarmante è la mancanza di dispositivi di protezione nei
diversi setting sanitari e assistenziali. Ad esso seguono la scarsità di
ore di riposo e la mancanza di direttive per garantire la salute
psicologica, oltre a quella fisica, di operatori che lavorano in
condizioni difficilissime e che nelle aree più critiche affrontano la
perdita di pazienti, colleghi e familiari. Un adeguato supporto
dovrebbe tempestivamente rispondere soprattutto ai bisogni di chi si
trovava già in situazioni personali di difficoltà.
Promozione della salute mentale e del benessere nelle comunità colpite da COVID-19 (IASC MPHSS)
È normale sentirsi tristi, angosciati, preoccupati, confusi,
spaventati o arrabbiati durante una crisi. È importante parlare con
persone di fiducia e contattare amici e familiari.
Quando è necessario restare a casa, è importante mantenere uno stile
di vita sano (includendo una dieta adeguata, la regolarità del sonno,
l'esercizio fisico e i contatti con le persone care).
Fare riferimento a un operatore sanitario, un professionista
specializzato o un'altra persona di fiducia quando prevale il senso di
sopraffazione.
Consultare solo fonti affidabili per avere informazioni sui rischi e
sulle precauzioni. Ridurre il tempo dedicato a seguire la copertura
mediatica dell’epidemia.
Dal rapporto IACS – MHPSS restano fuori altre categorie come i
migranti, i detenuti e le persone che già vivevano in ambienti critici o
ai margini della società e che possono subire un impatto psicosociale
più grave in una situazione di crisi come l’epidemia di COVID-19.
Trascurare l’impatto psicologico a sua volta può avere una ricaduta
sull’esposizione ai rischi di contrarre il virus e sull’osservazione
delle limitazioni volte a ridurre il contagio, con conseguenze negative
sul contenimento dell'infezione.
Indicazioni per affrontare l’epidemia per le persone con Disturbo Ossessivo Compulsivo (International OCD Foundation)
È importante ricordare che questa è una situazione temporanea e che
ci si può sentire a disagio. Questo non vuol dire che la propria
condizione stia peggiorando.
- Esempi di cosa fare: stabilire un limite di tempo di 5 minuti al giorno per la lettura di notizie e aggiornamenti da fonti attendibili. Concentrarsi sui fatti piuttosto che sulle emozioni provate. Fare delle pause, concedendosi attività piacevoli. Mantenere il più possibile le abitudini quotidiane. Se è in corso un trattamento, affrontare con il proprio terapeuta le preoccupazioni legate all’epidemia di COVID-19.
- Esempi di cosa non fare: evitare la tentazione di sapere "tutto" sul nuovo coronavirus SARS-CoV-2. Non trascurare le linee guida di fonti sanitarie affidabili, anche se possono non aderire al piano terapeutico predefinito (ad esempio, durante l'epidemia non bisogna ridurre il numero di lavaggi delle mani). Non lasciare che il distanziamento fisico impoverisca le reti di supporto.
Indicazioni per affrontare l’epidemia per le persone con Disturbo d’ansia (Anxiety UK)
La situazione attuale ha creato molta incertezza che potrebbe essere
difficile da affrontare per coloro che hanno un disturbo d’ansia
preesistente, come l'ansia per la salute. In questi casi, la situazione
può sembrare estremamente scoraggiante e preoccupante e, con l'ampia
copertura mediatica, è comprensibile che alcune persone possano sentirsi
sopraffatte e fare previsioni catastrofiche, immaginando gli scenari
peggiori.
L'ansia per la salute può far avvertire qualsiasi tipo di sintomo
come la condizione peggiore. In primo luogo, è necessario limitare
l’esposizione alle notizie sull’epidemia di COVID-19: serve solo a
nutrire la paura.
Per ristabilire il controllo, alcune azioni indicate sono:
riconoscere e accettare l’incertezza, non dare credito ai propri
pensieri, spostare l’attenzione sulle proprie azioni e attività.
Gestione dello stress associato all’epidemia (Centro nazionale statunitense per il Disturbo Post-traumatico da stress)
L'epidemia di COVID-19 ha il potenziale per aumentare lo stress e
l'ansia, sia per la paura di contrarre il virus sia per l'incertezza su
come l'epidemia ci influenzerà socialmente ed economicamente.
- Esempi di cosa fare, per tutti: aumentare il senso di sicurezza. Cercare il supporto di familiari, amici, ecc. e di coloro che vivono la stessa situazione. Coltivare le attività che danno più calma. Migliorare il senso di controllo e la capacità di sopportazione. Accettare le circostanze che non possono essere modificate e concentrarsi su ciò che è possibile modificare.
- Esempi di cosa fare, per chi ha vissuto situazioni ad alto rischio per la vita: riconoscere e accettare la realtà della situazione. Prepararsi ad affrontare le emozioni e l'angoscia senza esserne sopraffatti/e. Distrarsi dalle emozioni inutili rimanendo occupati mentalmente e fisicamente. Cambiare le espressioni autoriferite da "questo è un momento terribile" a "questo è un momento terribile ma posso farcela". Cercare aiuto per prendere decisioni o intraprendere azioni.
È opportuno aggiungere anche qui un estratto della sezione dedicata a "Gestire lo stress degli operatori sanitari associato all'epidemia":
Un forte orientamento al servizio, la mancanza di tempo, le difficoltà nel soddisfare o riconoscere i propri bisogni, lo stigma e la paura di essere rimossi dalle proprie funzioni durante una crisi possono impedire al personale di richiedere supporto se si verificano reazioni di stress. I datori di lavoro dovrebbero essere proattivi nell'incoraggiare le cure di supporto in un'atmosfera priva di stigmatizzazione, coercizione e paura di conseguenze negative.
Il rischio di disturbo post-traumatico da stress dovrebbe essere
attentamente valutato e prontamente affrontato sia negli operatori
sanitari sia nelle persone che hanno subito le conseguenze peggiori
dell’epidemia di COVID-19.
Ci troviamo in una situazione nuova, con un virus nuovo che gli
scienziati di tutto il mondo stanno studiando e siamo in grado di
imparare a convivere con l’incertezza: bisogna dubitare di chi fa
previsioni su quello che accadrà perché i dati sono ancora
insufficienti.
In questo momento è importante non affidarsi a professionisti non
accreditati, a tecniche non riconosciute, a ingannevoli trattamenti che
promettono di prevenire l’infezione da COVID-19 con esercizi psicologici
di dubbia validità o con amuleti!
È possibile imparare a convivere con la situazione di incertezza che
accompagna questa pandemia, continuando a pianificare le nostre attività
e a mantenere la vigilanza. Lo stiamo facendo insieme. Continuiamo a
farlo con pazienza e compassione. Se si ha bisogno di aiuto è importante
rivolgersi al proprio psicologo/psicoterapeuta o al proprio medico di
fiducia per avere indicazioni oppure fare riferimento alle associazioni e
ai professionisti accreditati (verificati nell’apposita pagina dell’ordine degli psicologi o dell'ordine dei medici).
È, però, auspicabile una pianificazione istituzionale tempestiva di
modalità di comunicazione responsabile e di interventi di supporto
psicosociale basati sulle evidenze scientifiche, per affrontare con
strategie di prevenzione l’impatto sul benessere psicologico e sulla
salute mentale dell’epidemia di COVID-19 e dei suoi effetti economici e
sociali a lungo termine.
Finora la comunicazione è stata orientata per lo più alla denuncia
dei comportamenti negativi o alla confusione e poco tesa a migliorare la
percezione del rischio anche nei gruppi di persone che tendono a
sottovalutarlo. Come hanno evidenziato Wise e collaboratori, in uno studio appena pubblicato ma non sottoposto a revisione,
è necessario, da un lato, estendere i metodi di sensibilizzazione alle
persone che non cercano informazioni da sole e, dall'altro, educare ai
benefici dei comportamenti di protezione per favorirne la diffusione
anche in chi tende a minimizzare il rischio personale percepito.
Durante la quarantena, che priva gli individui della loro libertà,
dovrebbe essere adottata ogni misura tale da renderla tollerabile il più
possibile, concludono Brooks e collaboratori in un articolo di revisione pubblicato sulla rivista The Lancet
a fine febbraio. Affinché questo avvenga, è necessario spiegare alle
persone quello che sta accadendo, informare su quanto durerà, suggerire
attività da svolgere, fornire una comunicazione chiara, assicurare le
forniture essenziali e rinforzare il senso di altruismo. In
assenza di tali azioni la quarantena diventa un'esperienza negativa che
può avere effetti a lungo termine sulla salute psicologica.
Anche per quanto riguarda gli interventi di supporto e prevenzione
sul campo, soprattutto per le persone più colpite, finora ha prevalso
un'ondata di solidarietà da parte degli psicologi (#noipsicologicisiamo)
in mancanza di un'ipotesi di coordinamento. Nel messaggio del 18 marzo
dell'Ordine degli psicologi alla comunità professionale viene
specificato che: "Il CNOP [Consiglio Nazionale dell'Ordine degli
Psicologi] si è attivato e continua a lavorare per il massimo
coinvolgimento pubblico ed istituzionale della professione. Alcuni
segnali e risposte importanti dal Governo sono già visibili nel testo
del DL n.14 del 9 marzo (che prevede specificamente gli Psicologi tra le
figure che possono essere assunte nel SSN per fronteggiare
l’emergenza), ora è in mano alle singole Regioni ed Aziende sanitarie
per l’applicazione in base alle esigenze locali".
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