Lavorare Durante il Coprifuoco:
Stress, Ansia e Produttività in Quarantena
(a cura di )
Un paio di settimane fa era quasi un gioco, si fa smart working, si fa
una cosa diversa che esce dalla routine quotidiana…oggi dopo due
settimane di quarantena inizia a mostrarsi il lato oscuro di questa
prigionia.
Il Paese è blindato, i tempi in cui il Governo minimizzava pare non li
ricordi più nessuno, oggi gli Italiani sperimentano restrizioni che non
si vedevano da quando il Presidente del Consiglio era Badoglio.
All’inizio tutto bene, poi come si può continuare a lavorare?
Abbiamo disegnato arcobaleni sui lenzuoli, abbiamo fatto le nostre
comparsate sui social mentre cantavamo dai balconi – cosa non si fa per
un pò’ di view e di notorietà!…
Ma prima o poi la vena creativa di tutti questi art attack e flash mob inevitabilmente si esaurirà e psicologicamente scopriremo quanto sia duro fare i conti con la realtà.
A casa dobbiamo continuare a lavorare e vivere, in quei pochi metri quadri che la maggior parte degli Italiani può permettersi.
I primi segnali di cedimento psicologico si vedono prima sul web, dove
ci sono quelli che criticano i vicini perché usano la mascherina in auto
o perché fanno jogging, poi sui giornali che riportano zuffe e risse, e
nelle confidenze dei medici che ti dicono che vanno di gran moda le benzodiazepine per controllare l’ansia…Questa situazione riguarda tutti, perché la stragrande maggioranza degli Italiani sta seguendo pedissequamente le regole.
Lo dicono i dati del Ministero degli Interni. Solo il 4,5% dei
controllati torna a casa con una denuncia. Se contiamo il fatto che la
maggior parte degli italiani si è di fatto chiusa in casa, vuol dire che
la stragrande del Paese è un Paese fatto di persone serie.
Per favore, non cadete nell’autocommiserazione a cui ci
siamo abituati, il nostro è un Paese di persone per bene, che stando a
casa vivendo delle difficoltà senza creare problemi.
Io per primo, che anche se abituato a lavorare un po’ dove voglio, inizio a sentire il peso della cattività.
Per questo ho chiesto aiuto al Dott. Pierluigi Policastro. Per chi non
conoscesse Pierluigi Policastro, Pierluigi è Responsabile Nazionale
degli Psicologi del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, che
opera per portare assistenza e pronto soccorso alle persone in stato di
necessità in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile
Italiano.
Questo podcast si occupa di impresa e non possiamo nasconderci dietro un
dito, lavorare in questa situazione non è facile. Una difficoltà che
mette in crisi le nostre performance e i rapporti con le persone che
amiamo e con le quali siamo costretti a convivere h24 senza mai avere
gli spazi per noi che avevamo un tempo.
Sono a casa, provo a lavorare ma coi bambini è impossibile o
quasi. Se non mi ricoverano per il virus mi ricoverano per depressione…
Può essere molto importante aiutarsi a ridefinire insieme tempi e
spazi nella giornata. Al mattino dirsi insieme, meglio se facendo
colazione, l’organizzazione di massima della giornata provando a
definire la scansione di orari e spazi dicendo che a metà mattina o ad
ora di pranzo o a metà pomeriggio si può essere rimodulata la cosa.
Provare a riservarsi uno spazio a cene o dopo cena dove potersi dire
com’è andata la giornata appena trascorsa. Se si riesce a trovare un
accordo tra tempi e spazi, le rimodulazioni diminuiscono. Parlarne un
po’ la sera e ricordarsi il tutto al mattino, anche 10min, è un buon
modo per portare avanti l’ascolto di tutti i componenti della famiglia.
I miei figli sono delle simpatiche canaglie ma dopo 10 giorni
iniziano a sognare male e a manifestare disagio. Manca loro la dada
dell’asilo, gli amici, la maestra. Questo crea sempre più tensione
perché loro sono sempre più irrequieti e la convivenza non è semplice.
Suggerimenti?
E’ importante ascoltarli e trovare il modo per esprimere i sentimenti
in modo condivisibile. Chiedere di raccontare il sogno senza
interpretarlo ma limitandosi alla sua comprensione può essere utile.
Tutto ciò che sogniamo parla un po’ di noi stessi, anche attraverso
immagini che rappresentano altro da noi. Questo vale per i bambini in
modo molto più evidente che per gli adulti. Possono emergere paure di
varia natura. Dobbiamo provare ad ascoltarli semplicemente tollerandone i
contenuti. Anche chiedere di scrivere i sogni o fare un disegno a tema
può essere utile. Per le tensioni legate alla convivenza vedi le
proposte alla risposta precedente.
Dedicare tempo e attenzione ai bambini mentre si lavora non è
facile, la tentazione è affidarli alla tata più a buon mercato che c’è
la digital TV…
E’ importante valutare la capacità di noi adulti tollerare le
frustrazioni di questi tanti cambiamenti. Provare ad organizzare il
tempo insieme al mattino in base all’età e agli eventuali impegni
scolastici può aiutare a definire tempi e spazi per tutti. Dedicare un
tempo alla TV non è da escludere a priori. Possono essere pensati
programmi che stimolano l’interesse dei figli: documentari, sport,
altro. I cartoni animati possono andar bene ma cerchiamo di indirizzare
verso contenuti che non siano violenti. Il contenuto dei programmi TV
andrebbe comunque supervisionato in base all’età rispettando le
indicazioni delle reti televisive. Oltre alla TV, stimolare il disegno, i
giochi educativi individuali e di gruppo.
A parte i bambini anche noi adulti cominciamo ad accusare il
colpo. Costretto a stare in casa noto un calo della mia capacità di
concentrazione. C’è qualche cosa che posso fare?
È molto importante prenderci cura di noi stessi per poter aiutare gli
altri e per reggere al meglio la frustrazione di tutti connessa ai
tanti cambiamenti nelle nostre abitudini di vita. Prendersi cura
dell’alimentazione evitando eccessi, garantirsi un numero di ore di
sonno sufficiente e non eccessivo. Anche dedicare un tempo e uno spazio
per prenderci cura della nostra casa o della preparazione dei cibi o di
nostre passioni o per sentire al telefono qualche amico, parente o
conoscente può contribuire a canalizzare energie in attività che
percepiamo come utili. Consiglio a tal proposito di informarci da canali
ufficiali sulle conseguenze fisiologiche agli eventi traumatici con
particolare riferimento all’emergenza Covid-19 in corso.
Per fortuna c’è internet e ci si sente con i clienti e con i
colleghi. La cosa che ho notato è che tutti parlano del virus. Noto che
la cosa va oltre il dovuto, tutti vogliono parlarti del virus quasi
sperando che parlandone se ne vada o si venga a scopre una via di uscita
miracolosa. All’inizio lo trovavo naturale, ma dopo 10 giorno provo
fastidio a parlare solo di questo ha qualche suggerimento per riportare
il timone al suo posto?
E’ importante ascoltarsi attentamente. Se sentiamo che parlare di
quanto sta avvenendo ci provoca fastidio è importante limitare l’ascolto
o proponendo altri argomenti o condividendo direttamente il proprio
stato di difficoltà nel continuare a parlare tanto dello stesso
argomento in aggiunta alla tante comunicazione mediatica attiva. E’
fisiologico parlare di qualcosa che ci coinvolge tutti ma è altrettanto
molto importante saper limitare eccessi di comunicazioni.
Ora è emerso in tutta la chiacchierata che in giro c’è Paura.
Abbiamo paura: paura per la nostra salute, per il sostentamento che
viene a mancare…ma a fianco alla paura, vedo crescere un altro
sentimento: la rabbia. Odiamo i politici, i vicini che non mettono la
mascherina, i vicini che la mettono anche in auto, il farmacista che non
ha più mascherine… la rabbia è un sentimento sicuramente con cui
abbiamo meno confidenza. Come possiamo gestirla?
Tutti i sentimenti vanno ascoltati. E’ importante prendersene cura se
ci riusciamo. Si stanno attivando anche tanti servizi di ascolto
psicologico coordinati dai servizi socio sanitari territoriali, dagli
Ordini professionali degli psicologi o dalla funzione sanitaria della
Protezione Civile. E’ molto importante ricordare che la professione
psicologica è inserita a pieno titolo tra le professioni sanitarie, al
fianco di medici, infermieri e le altre professionalità (L. 3/2018 sul
riordinamento delle professioni sanitarie). Gli interventi e le
prestazioni psicologiche anche di semplice consulenza o orientamento,
possono essere chieste gratuitamente presso tutta la rete socio
sanitaria pubblica. E’ molto importante che la richiesta di supporto
psicologico sia chiesta a professionisti esperti sul tema della
psicologia dell’emergenza o comunque che siano connessi in qualche modo
alla rete socio sanitaria pubblica o di protezione civile.
Nessun commento:
Posta un commento