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13 maggio 2013

Fotografie antidolorifiche

Tenere per mano la persona amata riduce la nostra percezione del dolore. Questo è qualcosa che sappiamo a livello innato, ed è per questo che spesso negli ambulatori medici vediamo le madri che tengono per mano i loro piccoli.
Tuttavia, ora un nuovo studio ci presenta un nuovo trucco che potrebbe aiutarci a controllare il dolore: vedere le foto delle persone che amiamo aiuterebbe a combattere il dolore.
Alcuni psicologi dell’Università della California, hanno coinvolto 25 donne sottoponendole ad una serie di stimoli dolorosi come ad esempio forti pizzicori o sensazione di freddo estremo. Si sono creati quattro gruppi; nel primo i compagni le tenevano per mano mentre si provocavano gli stimoli dolorosi, nel secondo potevano vedere una foto di una persona amata, al terzo veniva mostrata una foto di una persona completamente sconosciuta e infine nel quarto gruppo era un estraneo che teneva per mano la donna. Come si può immaginare, la percezione del dolore si ridusse considerevolmente quando le donne tenevano la mano del compagno o potevano vedere la sua foto.
A confermare questo studio interviene una ricerca realizzata di recente da neuro scienziati dell’Università di Stanford. In questa occasione vennero coinvolte 15 donne, a queste venne chiesto di concentrarsi sulle foto dei loro partner o su quelle di estranei attraenti. Durante l’esperimento si scandivano i loro cervelli e si applicavano stimoli dolorosi al palmo della mano. Alla fine si è potuto riscontrare che la vista delle foto di persone sconosciute (per quanto attraenti fossero) non riduceva la sensazione di dolore ma vedere la foto del partner sì. Precisamente, la vista della foto della persona amata riduceva la percezione del dolore tra il 36 ed il 44%. Ma… cosa stava accadendo al cervello?
Le foto delle persone amate attivavano quelli che si conoscono come i “centri della ricompensa”; cioè, l’amigdala, l’ipotalamo e la corteccia orbito-frontale. Nello stesso tempo, riduceva l’attivazione di altre zone cerebrali come l’insula. I ricercatori considerano che le foto delle persone amate non rappresentano una semplice distrazione ma piuttosto agirebbero come una sorta di droga che può calmare efficacemente la sensazione di dolore.
Fonti:
Younger, J. et. Al. (2010) Viewing Pictures of a Romantic Partner Reduces Experimental Pain: Involvement of Neural Reward Systems. PLoS ONE; 5(10).
Master, S. L. et. Al. (2009) A Picture's Worth. Partner Photographs Reduce Experimentally Induced Pain.Psychological Science; 20(11): 1316-1318.
 
Originale

10 maggio 2013

Il rilassamento altera l'espressione dei geni

Gli effetti positivi delle tecniche di rilassamento - dalla meditazione allo yoga fino alla preghiera - sono legati a un aumento dell'espressione dei geni che presiedono alla produzione di insulina e di ATPasi mitocondriale, un enzima coinvolto nella generazione di energia, e nella contemporanea riduzione dell'espressione dei geni che modulano alcuni processi infiammatori che possono scatenare l'apoptosi e l'autofagocitosi cellulare

L'espressione dei geni coinvolti nella funzione immunitaria, nel metabolismo energetico e nella secrezione di insulina viene rapidamente alterata dalla risposta di rilassamento indotta nell'organismo da pratiche come lo yoga, la meditazione, il biofeedback e la preghiera. E' questa la conclusione di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Massachusetts General Hospital e Beth Israel Deaconess Medical Center della Harvard Medical School diretti da Herbert Benson e Towia Libermann, che firmano un articolo su “PloS ONE.
Mentre la risposta fisiologica allo stress, che è correlata al comportamento “combatti o fuggi”, è stata oggetto di numerosissimi studi che ne hanno chiarito i meccanismi, i processi biologici e genetici coinvolti nella risposta fisiologica allo stato opposto, quello di rilassamento, sono ancora oltremodo oscuri, benché varie ricerche abbiano appurato che le pratiche che lo inducono possono avere effetti benefici su ipertensione, ansia, diabete e invecchiamento.

In questo studio i ricercatori si sono concentrati sul profilo temporale di espressione di circa 22.000 geni in un gruppo di 26 volontari senza alcuna esperienza nelle pratiche di rilassamento. Successivamente ai volontari è stato fatto seguire un corso per l'apprendimento di una delle diverse tecniche di rilassamento disponibili, per testarne quindi nuovamente il profilo di espressione genica subito prima e subito dopo una seduta di rilassamento. I dati raccolti sono stati infine confrontati anche con quelli - ottenuti in occasione di un'analoga seduta di rilassamento - relativi a un gruppo di persone che praticava da tempo tali tecniche. 
Benson e colleghi hanno così scoperto che la risposta di rilassamento induce una sovraespressione dei geni che controllano l'enzima ATPasi e l'insulina, consentendo un aumento della produzione di energia da parte dei mitocondri - che permette alla cellula di far fronte con maggiore efficienza al fabbisogno sotto stress - e una parallela diminuzione della produzione di radicali liberi.

La risposta di rilassamento fa sì che lo stress ossidativo sia attenuato anche dalla sottoregolazione dei percorsi biomolecolari legati al fattore di trascrizione NF-κB (nuclear factor kappa-light-chain-enhancer of activated B cells), coinvolto nei processi infiammatori e nella risposta immunitaria. Ciò comporta una riduzione dei fenomeni di apoptosi (o morte cellulare programmata) e di autofagocitosi, che vengono innescati quando l'apparato mitocondriale della cellula entra in crisi.
Dallo studio emerge anche che, mentre gli effetti della risposta di rilassamento sono più marcati in chi pratica da maggior tempo le relative tecniche, questi effetti sono indipendenti dalla tecnica adottata, che si tratti di meditazione, yoga o preghiera.