La consapevolezza di sé, ovvero l’autoriconoscimento della propria
esistenza individuale distinta da quella degli altri, potrebbe non
essere confinata in modo preciso in alcune aree cerebrali, come ritenuto
finora, ma emergere dall’interazione di diversi network
neuronali: è quanto sostiene sulle pagine della rivista PLOS ONE gruppo
di ricerca dell’Università dell’Iowa guidato da David Rudrauf. La
conclusione si è basata sull’osservazione di un unico paziente con
estesi danni cerebrali che, nell’attuale modello, avrebbero dovuto
compromettere inevitabilmente la sua autoconsapevolezza.
Considerata fin dalle speculazioni
filosofiche più antiche una delle capacità più squisitamente umane, la
consapevolezza di sé è stata profondamente analizzata anche negli studi
di psicologia mediante test classici come il riconoscimento allo
specchio. Il test, inoltre, ha allargato notevolmente lo spettro delle
specie animali che ne sarebbero dotate almeno in un certo grado, poiché è
stato superato non solo dalle scimmie antropomorfe ma anche da delfini,
elefanti e polpi.
I neuroscienziati da parte loro hanno individuato il correlato neurologico dell’autoconsapevolezza in tre regioni principalmente: nella corteccia dell’insula, nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia prefrontale mediale.
Questa precisa localizzazione viene ora messa in discussione Questi risultati che tendono a localizzare la consapevolezza di sé in precise porzioni di alcune regioni cerebrali viene ora messa in discussione da Rudrauf e colleghi in virtù delle capacità residue di un unico soggetto, indicato come “paziente R”, un raro caso in cui tutte e tre le regioni cerebrali coinvolte sono state danneggiate.
“Secondo le nozioni finora accettate, quest’uomo avrebbe dovuto
I neuroscienziati da parte loro hanno individuato il correlato neurologico dell’autoconsapevolezza in tre regioni principalmente: nella corteccia dell’insula, nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia prefrontale mediale.
Questa precisa localizzazione viene ora messa in discussione Questi risultati che tendono a localizzare la consapevolezza di sé in precise porzioni di alcune regioni cerebrali viene ora messa in discussione da Rudrauf e colleghi in virtù delle capacità residue di un unico soggetto, indicato come “paziente R”, un raro caso in cui tutte e tre le regioni cerebrali coinvolte sono state danneggiate.
“Secondo le nozioni finora accettate, quest’uomo avrebbe dovuto
essere una sorta di zombie”, spiega David Rudrauf, coautore
dell’articolo apparso su PLoS ONE. “I nostri test dimostrano invece
tutt’altro: conoscendolo, ci si rende conto immediatamente che
l’autoconsapevolezza non gli manca, pur con le difficoltà di una persona
con un notevole danno ai lobi temporali che, producendo gravi amnesie,
inficia notevolmente il sé autobiografico”.
In primo luogo, il paziente R ha mostrato ripetutamente di riconoscersi quando si guardava allo specchio oppure quando osservava alcune fotografie realizzate in periodi diversi della sua vita. Oltre a ciò, dimostrava di percepire un’azione come conseguenza delle proprie intenzioni. Se invece gli venivano somministrati più specifici test di misura della personalità, egli mostrava una stabile capacità di pensare a se stesso e di auto-percepirsi, con una profonda abilità d’introspezione, ritenuta una delle sfumature più raffinate dell’autoconsapevolezza.
In primo luogo, il paziente R ha mostrato ripetutamente di riconoscersi quando si guardava allo specchio oppure quando osservava alcune fotografie realizzate in periodi diversi della sua vita. Oltre a ciò, dimostrava di percepire un’azione come conseguenza delle proprie intenzioni. Se invece gli venivano somministrati più specifici test di misura della personalità, egli mostrava una stabile capacità di pensare a se stesso e di auto-percepirsi, con una profonda abilità d’introspezione, ritenuta una delle sfumature più raffinate dell’autoconsapevolezza.
“Ciò
che mostra chiaramente la nostra ricerca è che l’autoconsapevolezza
corrisponde a processi neuronali che non possono essere localizzati in
una o più regioni distinte del cervello”, ha concluso David Rudrauf.
“Con tutta probabilità, l’autoconsapevolezza emerge da interazioni molto
più distribuite tra network di diverse regioni cerebrali”.
Si ipotizza che a essere maggiormente coinvolti nel sopperire alle mancanze funzionali delle tre regioni cerebrali danneggiate siano il tronco encefalico, il talamo e la corteccia posteromediale.
Si ipotizza che a essere maggiormente coinvolti nel sopperire alle mancanze funzionali delle tre regioni cerebrali danneggiate siano il tronco encefalico, il talamo e la corteccia posteromediale.
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